Pasquale Chistè

Laurence Feininger conservatore di beni librari

di Pasquale Chistè

 

«… Le cose si sono salvate mirabilmente anche dalla distruzione del tempo, ma non sopravviveranno alla distruzione da parte dell’uomo, ed è questo che io devo cercare di impedire» 1. Così suonano tradotte dall’inglese le parole che con lapidaria concisività Feininger scriveva nel 1970 quasi a compendiare l’azione di salvataggio da lui operata fino allora che avrebbe portato avanti nei confronti di un patrimonio bibliografico musicale negletto e disperso per colpa degli uomini. Con altrettanta forza le parole fissano un parallelo e necessario programma di tutela e conservazione attuato da un privato per intima convinzione, non perché obbligato da normative, da regolamenti o allettato da prospettive d’interventi pubblici o sponsorizzazioni di privati. Anche questo programma era reso possibile dalla profonda conoscenza del materiale bibliografico oggetto d’indagine e dall’apertura culturale alle nuove esperienze e dibattiti che dopo la tragica vicenda dell’alluvione fiorentina nel 1966 avevano sollecitato nel settore del restauro l’inerzia di tradizioni artigianali locali.

Non mancano, è vero, le esecrazioni dello studioso contro lo stato vergognoso di conservazione del materiale recuperato, in modo particolare nel caso di codici: «Etenim maxima pars collectionis nostrae constat fragmentis et reliquiis codicum olim opulentissime conscriptorum et splendide decoratorum, nunc autem expoliatorum omnibus ornamentis et plerumque iam penitus rescrissorum ad folia singula, destinata ad paraluminaria et usus varios profanos» 2. Ed a proposito di un antifonario a stampa annota: «Volumen istud, paulo ante integrum et in statu perfecto, a nobis inven

Tum est ad folia singula recisum, et a peregrinis (quos vulgo tourists vocant) dispersum» 3. Quanta tristezza doveva provare per quei tourists devastatori, lui che per un amore del tutto diverso di quelle stesse cose s’era fatto peregrinus per città e nazioni europee!

            Ed il dito accusatore, oltre alle tradizioni di studio dei monaci di Solesmes ed alle innovazioni liturgiche «non ita decreta a Concilio Vaticano Secundo, sed arbitrarie perpetrata ab innovatoribus iconoclastis» si erge contro «ignorantia atque negligentia ipsorum Monasteriorum et Capitolorum, qui per saecula supersederant curam gerendi tanti patrimonii sacri, derelinquendo aquae, vermibus et muribos opus destructionis, et in fine turpis lucri gratia mercantibus illud vendiderunt, qui eadem vel maiori ignorantia et lucri cupiditate codices comminuerunt, ornamentis despoliaverunt er reliquias projecerunt» 4.

            Con quale indignazione un secolo prima mons. G. Battista Zanella, meritorio raccoglitore di codici e opere a stampa, invocava tempi migliori per la chiesa di S.Vigilio nel riscontrare il penoso stato di conservazione degli «avanzi della biblioteca capitolare» ed i danni causati dal «letterario passatempo dei topi» 5.

            Talvolta la vista di tanti e così obbrobriosi danni (nunquam vidi vestigia maioris immanitatis simul ac stupiditatis») lo turba a tal segno, e non pensiamo affatto a retorica, «ita ut taedeat me sola cogitatio in describendo tantum nefas» 6.

Ma nel momento in cui Laurence Feininger scriveva quelle poche programmatiche parole e rincuorava se stesso, quasi novello e solitario umanista, a proseguire nel cammino intrapreso, pur in un ambiente scarsamente suggestionabile e, se non avverso, per lo meno indifferente ai suoi entusiasmi, nel settore specifico della conservazione erano già posti al suo attivo i significativi recuperi e restauri dei manoscritti di musica polifonica provenienti dall’ex Archivio di S. Spirito in Saxia a Roma, che erano stati sottoposti ad un accurato intervento di deacidificazione e velatura delle carte perforate dall’inchiostro da parte della restauratrice Barbara Giuffrida (anni 1968 –’69).

Con questa restauratrice era iniziato, se così possiamo chiamare, un sodalizio scientifico per quanto concerne la conservazione e il restauro del materiale bibliografico che veniva man mano recuperato: prove ne sono la corrispondenza Feininger-Giuffrida e le note di restauro trovate fra le carte dello studioso. Così scriveva nell’aprile 1970:

«… I miei problemi più importanti: se tu sei ancora disponibile, per poco o molto che sia il tempo, ti vorrei qui per la parte più urgente riguardante la conservazione del materiale che si trova in uno stato d’estrema necessità di restauro. Non esiste nessun caso simile a quello del «gorgonzola»7, ma pochi casi drastici di pericolo e deperimento: un pezzo preso dall’inondazione che viene da Firenze; uno bruciato che viene dalla Spagna; molti con diffuso odore di muffa; alcuni tagliati in modo veramente temibile 8, e che hanno bisogno d’essere ricuciti o incollati, o comunque di essere rimessi in una condizione che ne renda possibile la consultazione o la conservazione. Molti i problemi di legatura: molti manoscritti di carta, così come le stampe, che devono essere deacidificate e così via» 9.

Gli interventi della restauratrice Giuffrida interessano 12 codici membranacei, 4 codici cartacei e 43 opere a stampa 10: l’individuazione del materiale restaurato è facilitata dalla presenza di una scheda di restauro datata e sottoscritta, incollata sulla controguardia posteriore, dove è descritta la tecnica ed i materiali impiegati.

I restauri datati si collocano nell’arco di tempo che corre dall’anno 1970 al 1975; per i restauri non datati possiamo trovare collocazione negli stessi anni in base alle notizie della lettera sopra citata o per lavori eseguiti su casi analoghi (es. manoscritti cartacei con problemi d’acidità d’inchiostri).

Sullo stato di conservazione dei codici prima del restauro abbiamo qualche testimonianza diretta del Feininger 11, il quale tuttavia, per la natura stessa del suo studio, rivolge l’attenzione principalmente alle lacune, ai fascicoli e fogli mancanti, alle numerazioni errate, alle divisioni e riunificazioni dei codici, oltre che al generale depauperamento di miniature, ornamentazioni e legature; per i codici n. 70 (= A XIX) e 83 (= G II) parla di muffe, per il codice 81 (= G XXII) fa cenno alle gravi mutilazioni dei margini inferiori causate dal fuoco.

Per gli altri danni, strappi, lacerazioni, lacune, acidità d’inchiostri e perforazioni di fogli, vecchi rattoppi 12, resta solo ricordo indiretto nella nota delle operazioni di restauro eseguite, ma molto più eloquentemente, sia per la quantità sia per la natura del danno, parla l’esame diretto degli esemplari.

  1. Dall’analisi delle schede di restauro, dalla documentazione fotografica residua e dalla visione diretta del materiale restaurato possiamo così riassumere gli interventi:
    per i codici membranacei: spianamento delle pergamene raggrinzite – sutura di strappi e lacerazioni mediante cucitura secondo l’uso antico – ricucitura dei fascicoli su tracce originali su corde di canapa doppie – carte a mano inserite a zigzag al fine di evitare il contatto dell’adesivo del dorso della legatura col dorso esterno dei fascicoli (mantice) – dorso incollato e rivestito internamente di lino – piatti in legno di noce africano o cartone coperti di pelle di capra allumata o in piena pelle o mezza pelle – carte di guardia a mano – capitelli grezzi su anima di canapa – reimpiego di fermaglia 13,
  2. per le opere a stampa: lavaggio in acqua calda per rimuovere precedenti rattoppi – restauro con carta giapponese e velina trattata con resine acriliche posata a caldo 14 – cucitura su nervi doppi o semplici di canapa – dorso incollato e rivestito internamente di lino e pelle – capitelli a mano su anima in canapa rivestiti esternamente di seta o lino bicolore – coperta in pelle di capra o montone allumata o trattata al vegetale su assi di cartone o meno frequente di legno. In alcuni casi, specie per opere incomplete, la cucitura è eseguita su nervi in pelle allumata passante, capitelli grezzi su pelle allumata passante, coperta in pergamena floscia o semirigida.

Per i manoscritti cartacei notevole preoccupazione dette il grave stato di conservazione causato dall’acidità degli inchiostri che avevano gravemente perforato le carte. E’ utilizzato per la deacidificazione il metodo Baynes-Cope con l’utilizzo d’idrossido di bario solubilizzato in alcool metilico 15.

Ma oltre agli interventi di restauro anche le condizioni di conservazione preoccupano lo studioso e gli fanno ricercare tecniche e prodotti indicati per attenuare l’acidità degli inchiostri che perforano le carte, il distacco di particelle d’inchiostro, lo sviluppo di muffe in carte interessate da umidità: prodotti basici sono spruzzati sulle carte, sulle pelli e sulle pergamene ed il loro caratteristico odore si sente tuttora nell’aprire i volumi sottoposti a tale trattamento.

Circa l’onere finanziario si deve ritenere, al di là di antipatici riscontri, che dovette pesare quantitativamente e psicologicamente e in modo insopportabile al solo pensiero di dover riparare danni provocati da altri uomini, magari poco tempo prima del suo arrivo, o con la prospettiva di dover diminuire gli impegni programmati di acquisto di materiale bibliografico, di microfilmatura, di studio e di pubblicazioni.

Nella descrizione del codice 81 (= G XXII) troviamo l’accenno a quest’aspetto del suo lavoro quando dopo aver parlato dei danni causati dal fuoco ai margini inferiori afferma: «… sed magno labore et impensis eum restaurandum curavi») 16.

A poco a poco tuttavia il peso di tali interventi, unito alla preoccupazione di dare il meglio di se stesso nel recupero di altro materiale, nello studio e nelle pubblicazioni, doveva forse aver convinto lo studioso che la tutela e conservazione del patrimonio musicologico doveva spettare alla collettività, nella forma di una fondazione o museo o ente pubblico territoriale, quale poteva essere anche la Provincia di Trento che in quegli anni si preparava a ricevere dallo Stato le competenze nel settore del patrimonio storico artistico.

Significativo resta un appunto dattiloscritto del 1975, utilizzato nei preliminari della cessione dei codici alla Provincia, dove è esplicitato che «la somma di versamento iniziale (40-50 milioni) va considerata come indennizzo per le spese sostenute dal proprietario per la tutela e conservazione del materiale, e non come acconto di acquisto».

Nell’autunno del 1974, a circa un anno dal trasferimento delle competenze statali alla Provincia, dopo un periodo di approcci e contatti informali, si presenta il caso Feininger nei suoi due aspetti fondamentali: salvare la raccolta musicologica da possibili trasferimenti anche all’estero in quanto oggetto di richieste da parte di Università e Istituti di ricerca, e valorizzare l’opera dello studioso così noto in campo internazionale e così misconosciuto nella città di Trento, città che pure è stata eletta a sede della sua attività e che è stata onorata dal «Coro del Concilio» 17.

La prima bozza di proposte avanzate dal Feininger, che in un primo tempo pensava alla cessione dell’intero patrimonio musicale, codici, opere a stampa, fotografie, microfilm alla Provincia dietro corresponsione dell’indennizzo come sopra specificato, prevedeva l’assicurazione dell’impegno provinciale per un aggiornamento costante garantito da uno stanziamento annuo di 15/20 milioni da impiegarsi secondo le indicazioni dello studioso, disponibilità di locali idonei per la conservazione del materiale, la facoltà di indire almeno un convegno annuo internazionale di studi speciali, l’impegno della Provincia alla continuazione delle pubblicazioni e alla diffusione delle stesse e clausole circa l’uso sociale del patrimonio.

Per ovvi motivi di natura amministrativa ed istituzionale tali proposte non poterono trovare quella risposta adeguata che lo studioso ignaro di leggi e regolamenti si aspettava, lui che nel testamento ultimo del 1970 aveva designato quale erede un «beneficiario esente» ai sensi delle leggi fiscali americane.

In seguito ad articolati scambi di punti di vista, dopo i sopralluoghi di carattere tecnico bibliografico 18 tendenti all’accertamento della consistenza del materiale, l’orientamento degli uffici provinciali venne ad articolarsi in quattro precise direzioni: 1. acquisto dei codici membranacei nel numero di 95 secondo l’offerta dello studioso; 2. donazione della collezione di opere a stampa e dell’archivio fotografico e microfilmico alla Provincia secondo una convenzione che ne disciplinasse la conservazione e l’utilizzo; 3. affidamento di una consulenza allo studioso per l’indagine e la valorizzazione del patrimonio bibliografico musicale in proprietà o in possesso della Provincia, nonché di quello esistente presso le biblioteche pubbliche e private di competenza provinciale; 4. riserva della Provincia di esaminare le offerte di acquisto di opere segnalate dallo studioso per eventuale acquisto e incremento della biblioteca musicale così costituita.

La Commissione Beni Culturali di cui all’art. 3 della L.P. 23.11.73 n. 54 19, cui spettava di esprimere il parere in ordine all’acquisto di opere d’arte e di pubblicazioni rare e di pregio, opportunamente ne discusse nella seduta del 20 gennaio 1975. Le affermazioni responsabili di uomini di cultura impegnarono gli amministratori ed i funzionari provinciali a proseguire nella trattativa secondo le direttrici concordate, tanto più che a garanzia della buona riuscita scientifica dell’operazione non sarebbero comunque mancati il pensiero e l’azione di colui che aveva creato dal nulla la collezione ed aveva al suo attivo una mole considerevole di studi e pubblicazioni riconosciute in ambito internazionale.

Nel corso dell’intero anno 1975 possono così svolgersi i contatti fra lo studioso e l’ufficio beni librari e archivistici, con sopralluoghi alla raccolta per effettuare i necessari riscontri, si susseguono le proposte e controproposte circa il punto più difficile della trattativa, la donazione, e si arriva concordemente ad una formulazione di cui esiste bozza negli archivi, che non ebbe però il tempo di essere approvata con provvedimento amministrativo perché prima sopraggiunse la morte dello studioso nel gennaio 1976.

Per quanto concerne l’aspetto che qui più interessa, cioè la figura di Feininger conservatore, degne di nota sono nello schema di convenzione le clausole concordate circa: 1. la collocazione in locali idonei e in scaffalature di sicurezza; 2. 1’attenta e costante cura affinché cambiamenti di temperatura o di umidità non danneggiassero la raccolta; 3. l’obbligo per la Provincia di provvedere al restauro e rilegatura dei volumi che si presentassero in condizioni tali da pregiudicarne l’integrità e l’uso.

Nell’ottobre 1975 la Giunta Provinciale autorizzava l’acquisto dei 95 codici membranacei, trasportati nel dicembre dello stesso anno presso il Castello del Buonconsiglio ed affidava al Feininger un incarico di consulenza in materia di studio e valorizzazione del patrimonio bibliografico di carattere musicale nel Trentino.

Nel frattempo lo studioso impostava un primo piano di lavoro di revisione delle trascrizioni dei Codici Trentini, con osservazioni e note allo scopo di preparare una pubblicazione, parziale o integrale «che comunque abbia il livello scientifico degno di un tale tesoro, assolutamente unico in tutto il mondo per quanto riguarda la sua vastità ed antichità».

La morte improvvisa di Laurence Feininger sconvolse il programma concertato che sembrava procedere così bene nel senso della valorizzazione e fruizione pubblica del patrimonio bibliografico.

Con provvedimenti urgenti dei primi mesi dell’anno la Giunta Provinciale dichiarava e notificava di particolare interesse storico artistico i manoscritti e le opere a stampa della collezione di proprietà degli eredi Feininger assicurandosi pertanto il diritto di prelazione in caso di cessione o di trasferimento.

Iniziavano nel frattempo i contatti con l’avv. Ralph F. Colin, quale esecutore dell’ultimo testamento, che approdarono felicemente ad un primo contratto stipulato il 26 ottobre 1978, col quale era individuato quale Ente beneficiario della proprietà musicologica il Museo degli usi e costumi della gente trentina di S. Michele all’Adige, in attesa che potessero essere definite tutte le pendenze testamentarie, dopodiché il Museo sarebbe potuto entrare nella piena proprietà dei beni. Questo avvenne il 5 ottobre 1982 con la sottoscrizione dell’atto finale di ricevuta e scarico, che anticipava di un anno la data prevista nel primo contratto.

L’anno seguente finalmente la Provincia di Trento accettava in comodato gratuito, da parte del Museo di S. Michele, la proprietà musicologica ricomponendo, anche se non sullo stesso piano giuridico, quanto possedeva in proprietà (i codici) con quanto deteneva in virtù di una messa a disposizione gratuita di locali idonei (opere a stampa, codici cartacei, manoscritti di musica polifonica, archivio fotografico e microfilm, le pubblicazioni della Societas Universalis Sanctae Ceciliae). Con lo stesso provvedimento la Provincia in particolare s’impegnava di assumere a proprio esclusivo carico gli oneri per la manutenzione, la disinfezione, la disinfestazione, l’ordinamento, la catalogazione e l’esibizione della proprietà musicologica, oltre ad eseguire a proprie spese gli eventuali interventi di restauro e rilegatura.

 

Da: “La Biblioteca musicale Laurence Feininger”, a cura di D. Curti e F. Leonardelli, Museo provinciale d’Arte, Trento, 1985, pp. 96-100

NOTE

1  Da una lettera del 12 ottobre 1970 di Laurence Feininger alla restauratrice americana Barbara Giuffrida-Ruggeri che operava a Firenze. Sono debitore a Danilo Curti della visione di alcune carte dell’archivio personale dello studioso.

2  L. Feininger, Repertorium cantus plani: 1. Antiphonaria. – Tridenti: Societas Universalis Sanctae Ceciliae, 1969, p. 5.

3 L. Feininger, Repertorium cantus plani: 3. Antiphonaria prelo excusa. – Tridenti Societas Universalis Sanctae Ceciliae, 1975, p. 11-12. Si tratta dell’antifonario IV, 1524, edito a Venezia dal Liechtenstein.

4  L. Feininger, op. cit. (1969), p. 6.

5  F. Leonardelli, «Due codici nella biblioteca parrocchiale di S. Maria Maggiore di Trento». – In Biblioteche e archivi. – Trento: Provincia, 1983, p. 140.

6  L. Feininger, Repertorium cantus plani: 2. Gradualia. – Tridenti: Societas Universalis Sanctae Ceciliae, 1971, p. GO, dove a proposito del codice 76 (= G VI) afferma: « … non solum reliquiae (ut solent) desolatae, sed etiam ipsa obiecta – videlicet ornamenta subtracta – quocunque valore privata sunt. Praeter lacunas foliorum integre amputatorum, habentur mutilationes fere innumerae per modum insensatum excissionis singularum initialium, sive relictis ornamentis eminentibus extra ambitum rectangulare vel quadratum ipsarum litterarum, sive etiam ablatis initialibus minoribus absque ulla forma, quasi a locustis devoratae essent…».

7   Un restauro esemplare era stato condotto sul codice 70 (= A XIX), più familiarmente chiamato «gorgonzola» per analogia del colore e della diffusione delle macchie violacee («olim splendidus, situ et mucore penitus corruptus, ita ut folia quasi de lepra quadam violacea maculata sint» cfr. L. Feininger, op. cit. (1969), p. 192).

8 Più che degli eventi straordinari e catastrofici o degli agenti fisici, chimici o biologici del deterioramento librario, per i quali in ogni caso l’uomo ha sempre parte di responsabilità, Feininger era preoccupato dell’ignoranza e malvagità dell’uomo che deturpa coscientemente i tesori tramandati dall’antichità.

9  Da una lettera del 14 aprile 1970 alla restauratrice Giuffrida (trad. dall’inglese).

10 Nel numero dei codici restaurati sommiamo anche 3 membranacei compresi fra i 16 manoscritti e 11 opere a stampa che la Provincia acquistò nel 1978 dall’allievo e figlio adottivo del Feininger, Danilo Curti.

11 Cfr. la descrizione esterna dei codici nei due volumi del Repertorium cantus plani.

12 «Nec restauratio antiqua valde rudis valuit damna resarcire» viene detto a proposito del codice 84 (= G V): L. Feininger, op. cit. (1971), p. 51.

13 Le tecniche e i prodotti utilizzati sono descritti in B. Giuffrida, «Book conservation workshop manual. Part four: The Repair of  Parchment and Vellum in Manuscript Form».

14 Per la tecnica della velatura a caldo, pur con le precauzioni circa gli adesivi e la pressatura, vedi C. Federici – L. Rossi, Manuale di conservazione e restauro del libro. – Roma: La nuova Italia scientifica, 1983, n. 89-91.

15 Per il metodo vedi A.D. Baynes-Cope «The non-acqueos deacidification of documents». – in: Restaurator, 1 (1969), n. 1, p. 2-9; vedi anche C. Federici – L. Rossi, op. cit., p. 71-72; C.D.M., Cunha – D. Gr., Cunha Conservation of library materials. – Metuchen, N. J.: The Scarecrow Press, 1972; O. Wächter Restaurierung und Erhaltung von Büchern, Archivalien und Graphiken. – Wien [etc.]: Hermann Böhlaus nachf., 1977, p. 68.

16 L. Feininger, op. cit. (1971), p. 219.

17 Chi scrive queste brevi note ebbe l’occasione di incontrare lo studioso nell’autunno del 1974 e di collaborare con altri funzionari per la buona riuscita dell’operazione: alcune note possono pertanto riferirsi a contatti o impressioni di prima mano, antecedenti alla formalizzazione burocratica dei provvedimenti.

18 Si ricorda fra gli altri il sopralluogo della dr. Eugenia Govi, ex Soprintendente Bibliografico per il Veneto occidentale e le province di Trento e Bolzano.

19 L.P. 23 novembre 1973, n. 54: «Provvidenze per la salvaguardia ed il restauro delle cose d’interesse storico, artistico e popolare».