T. Lux Feininger

Per una storia del “Coro del Concilio”

di T. Lux Feininger

Sono stato a Trento per la prima volta nel 1976, in gennaio, per porgere l’estremo saluto a Laurence Feininger. Il «Coro del Concilio» faceva ormai parte del passato, ma tra me (che non l’avevo mai ascoltato) e l’attività degli ultimi anni esisteva un legame vivo rappresentato da Danilo Curti-Feininger, cui è dovuta l’iniziativa di questo studio commemorativo.

Tuttavia, occorre ammettere che sarebbe impossibile per me scrivere una storia sulla fondazione del Coro senza ricorrere all’aiuto delle lettere scritte da mio fratello ai genitori, che io conservo, e con le quali spero di raccontarne la storia usando, dove possibile, le parole di Laurence stesso. Pur non chiudendo gli occhi davanti al dramma della sua vita, sono stato contento di verificare sempre più come il suo humor, di fronte ad ostacoli d’ogni genere, lo aiutasse a rimanere saldamente sulla strada che seguiva.

In queste pagine ho cercato di conservare lo «stile» inglese proprio di Feininger, ma ovviamente molto di lui andrà perduto nella traduzione.

* * *

La vita di Laurence è stata interamente dedicata alla musica: l’approccio ad essa comprendeva il duplice intuito e dello studioso e dell’artista. Era un compositore così com’era pure un musicologo. Infatti, la sua tesi di laurea, discussa a Heidelberg, trattava Die Frühgeschichte des Kanons bis Josquin des Prez (um 1500), ed i suoi maggiori interessi erano legati alla musica liturgica dal XIII al XV sec., almeno fino al momento in cui si dedicò anima e corpo alla musica sacra barocca del XVII sec.

Le conseguenze di quest’esperienza emotiva ed intellettuale di così vasta portata, si evidenziano chiaramente nell’istituzione del «Coro del Concilio» a Trento.

Dal gennaio del 1938 Laurence si stabilì a Trento ove studiò e compose musica fino al suo internamento nel 1943 presso il campo per prigionieri civili di Montechiarugolo, quale nemico in territorio straniero, nell’ultima fase della seconda guerra mondiale. Nel 1945, dopo la sua liberazione, fece ritorno a Trento tra i suoi numerosi amici che non lo avevano certamente dimenticato e con impegno proseguì gli studi teologici fino alla sua ordinazione sacerdotale nel 1946.

In questa nuova veste si stabilì a Roma dove ricevette l’incarico di catalogare i manoscritti di musica sacra della Biblioteca Vaticana. In una lettera del 22 aprile 1948 annunciò che stava preparando «… una conferenza-concerto da tenersi a Trento in maggio, in occasione del Congresso musicologico».

Da tale lettera si apprende inoltre che in questo periodo si serviva di coristi «a pagamento», giovani e adulti, cui insegnava a perfezionarsi nel cantare i brani che intendeva eseguire al concerto, facendo affidamento inoltre «su altre voci e strumenti» che avrebbe potuto reperire a Trento.

Verso il 10 maggio dello stesso anno scrisse che era ormai pronta «la Missa de Sanctissime Trinitate di Dufay per intero». Eccolo quindi recarsi a Trento con cinque coristi romani sottolineando come il viaggiare in treno fosse «quasi un’avventura come prima della guerra; un carretto pieno di legna trainato da un cavallo ha tentato di attraversare un passaggio a livello proprio mentre sopraggiungeva il nostro treno, ma è stato investito solo il carretto, mentre il cavallo ed il suo guidatore (meglio “sonnambulo”) sono rimasti illesi cavandosela con un forte shock».

Quando iniziò il lavoro, tuttavia, si presentarono anche le difficoltà: i cantori romani, durante le prove decisero di rinunziare all’incarico e Laurence dovette sostituirli «in un batter d’occhio»:

… alla stazione ci sono venuti incontro il signor Renato Lunelli, un musicista eccellente, che si rivelò veramente indispensabile per le nostre necessità, e Dario Segatta, uno dei miei ragazzi che aveva fatto parte del gruppo precedente (quello delle attività giovanili a Trento antecedente alla guerra) e che era prossimo alla laurea in medicina, oltre che al titolo di maestro di violino… poi i Salesiani, vecchi amici, mi hanno aiutato con i loro ragazzi e con loro ho studiato tutto il programma del concerto in soli tre giorni. Oltre a ciò ho dovuto studiare le rispettive parti di una Messa composta da Pierre de la Rue, con le voci maschili del coro di S. Maria Maggiore…

Un po’ chiedendo ed un po’ prendendo a prestito, alla fine il programma fu portato a termine:

… la splendida bellezza della musica incoraggiò i coristi, grandi e piccoli, così come me stesso, a superare le terribili difficoltà del momento, completamente sconosciute per loro, ma nuove anche per me, cioè di dover ascoltare proprio e solo con la sensibilità dell’udito… se la spesa per aver ingaggiato i coristi romani era stato infatti denaro gettato al vento, la prova di trovare aiuto ed assistenza da parte dei vecchi amici aveva fatto in modo che tutto ciò ne valesse proprio la pena; perché se fossi arrivato a Trento da solo ed avessi chiesto l’adesione di alcuni ragazzi con cui studiare il programma in tre giorni, la gente mi avrebbe mandato al più vicino manicomio…

[10 maggio 1948]

Nell’estate di questo stesso anno Laurence scoprì lo stile irresistibile della musica barocca. Mentre lavorava ancora alla Biblioteca Vaticana, in una lettera che porta la data del 31 agosto, scrisse che il giorno successivo avrebbe iniziato a lavorare «su una gran quantità di Messe di Orazio Benevoli che ho trascritto dal Fondo della Cappella Giulia». Il contenuto di questa lettera era così poco familiare riguardo al nome del compositore che Laurence trovò necessario identificarlo meglio sottolineando che «è vissuto nella prima metà del XVII sec.». Ne fu rapito immediatamente:

 

… riesco a vedere ora, in questa musica barocca colossale, uno sviluppo profondamente logico e, da un punto di vista liturgico, così valido da raggiungere con ogni probabilità l’acme assoluto di ciò che potrebbe essere toccato… così, il gigantesco allargamento del cantus firmus all’unisono in tutti i cori, alla fine delle fughe del Gloria e del Credo, è chiaramente un’eredità del Rinascimento e addirittura della pratica medioevale del cantus firmus; ma l’elemento veramente nuovo è che ora se n’è perfettamente consci e con un’intenzione davvero moderna ed esplicita esso è impiegato come mezzo per un’espressione musicale in grado di rapire concretamente una moltitudine di persone devote, portandole ad uno stato molto vicino all’estasi..

[5 settembre 1948]

Dopo un anno di studio intenso di queste partiture policorali, l’entusiasmo di Laurence era ormai pronto per tradursi in azione. In quel periodo iniziavano i preparativi per l’Anno Santo, ma a Roma, come egli scrisse «la gente sta diventando sempre più scettica perché non viene fatto nulla – in campo musicale – a causa del disinteresse da parte delle autorità supreme». Da ciò egli poté intravvedere «una grand’occasione» per creare un clima «senza eguali e fuori di ogni competizione»:

… Questo è il motivo per cui torno a Trento: per vedere se posso metter su un coro per la Messa di Benevoli.

[18 settembre 1949]

Mentre si accingeva a compiere questo lavoro di ricerca gli venne «un lampo ispiratore»: tentare con giovani coristi reclutati nelle scuole pubbliche. Questa fu l’idea essenziale che rese possibile l’impresa. Trovò un direttore «molto intelligente e di ampie vedute» e con il suo aiuto poté tracciare un piano particolare per le prove dei coristi provenienti dalle diverse scuole della città e che presentavano un’attitudine musicale tipicamente «scolastica»; Laurence sarebbe venuto a Trento nella seconda metà di ogni mese per guidare i coristi e lavorare con loro. I tenori ed i bassi sarebbero stati reperiti tra i diversi cori già esistenti nelle chiese. Fece un abbozzo del programma che voleva realizzare «se ci fossero stati ragazzi in numero sufficiente» con tale ordine:

… inizieremo con la Messa Tu es Petrus a 16 voci, in quattro cori, di Benevoli, perché questa è l’opera che voglio realizzare ad ogni costo. Il programma completo si farà nel caso dovessimo tenere un concerto a Roma. Non è troppo difficile immaginare quanto questo sia importante per il futuro perché l’anno prossimo canteremo a Roma davanti al mondo intero…

[27 settembre 1949]

Ho sottolineato queste ultime parole perché sono in grado di dipingere la fede di mio fratello come nient’altro potrebbe: lui non aveva ancora avuto modo di incontrare i ragazzi che erano ancora in vacanza per la chiusura delle scuole, che nella sua immaginazione stava già cantando con loro davanti al mondo intero. Da incurabile ottimista scrisse:

 

. . . questa sera parto per Trento. Ho ricevuto una lettera dove mi s’informa che ho a disposizione quattro cori con complessivamente 90 soprani e 67 contralti… Presa un brano per volta, questa musica non è proprio così difficile da far imparare ai ragazzi e non dovrebbe nemmeno richiedere molto tempo. La grossa difficoltà è, per gli altri cori, quella di abituarsi allo stile ed al modo di sentire. Ma lo faranno subito non appena le cose prenderanno il via. Non ci saranno particolari difficoltà nello studiare tute le altre cose, e per la prima volta… si riporterà in vita questa musica e si conquisterà con essa il mondo intero… sarà uno strumento di propaganda fide molto più efficace dei grandi discorsi radiofonici…

[20 novembre 1949]

Su e giù, quindi, da Trento a Roma senza sosta. Alcuni dei giovani coristi erano «eccellenti» sottolineava Laurence, mentre altri «inducevano allo scoraggiamento»; alcuni seguivano le prove con regolarità, altri erano assenti per metà del tempo. EgIi andò in giro nelle varie scuole incontrandosi «con i rispettivi direttori, girando classe per classe, controllando gli elenchi, assicurando i superiori dei ragazzi che le cose sarebbero andate avanti diversamente».

Nel febbraio del 1950 scriveva: «… i primi soprani sono fantastici e veramente straordinari… riesco a farli cantare come strumenti senza nessun’altra espressione se non la bellezza naturale delle loro voci e della musica…»; a maggio però faceva notare che avrebbe desiderato

… esser sicuro degli adulti come lo sono dei ragazzi. Gli adulti non hanno alcuna preparazione musicale… non hanno mai studiato qualcosa e dopo due o tre incontri traspare il loro disagio… comunque lasciamo andare così come va, con i pochi che sono capaci di leggere la musica a far da guida, mentre gli altri li seguiranno… d’altronde questi ultimi sono molto sensibili ad ogni critica…

[9 maggio 1950]

In questo contesto stava scoprendo qualche cosa della natura umana che era completamente nuovo per lui. Un sabato, quando non c’erano prove, egli pensò intuitivamente di andare in montagna sperando di incontrarsi con i ragazzi che, come sapeva, dovevano essere fuori per una gita scolastica: «ufficialmente per piantare un alberello ciascuno, e, non ufficialmente per rovinarne almeno altri due ciascuno, tagliando bastoni, archi e frecce… e c’incontrammo con gran sorpresa di tutti»:

… è stata una delle migliori idee che abbia mai avuto e mi aiutò ad ottenere la loro approvazione ed il loro impegno più di qualsiasi altra cosa… Ora sto cercando di trovare un tipo di rapporto con loro in modo da offrire stabilità e durata alla nostra impresa.

[9 maggio 1950]

Il concerto a Roma era stabilito per il 22 novembre. Il 18 giugno, a Trento, ci fu una gran prova di esordio del Coro:

… molto di più che un semplice successo; fu qualcosa simile ad un trionfo! La gente è venuta da ogni parte, tra loro c’erano musicisti autentici quali il Coro di Regensburg, R. Casimiri, ed altri cori famosi… Tenemmo una riesecuzione pubblica e cantammo, nel cortile del Castello del Buonconsiglio, il Credo della Messa Tu es Petrus alla presenza di De Gasperi e Gonnella.

[27 giugno l950]

L’avventura romana del Coro creò un clima particolare. Partiti da Trento il lunedì sera con tre pullman, i coristi arrivarono il martedì mattina alle 8.15. Appena scesi appresero che la loro prima esecuzione era prevista per il pomeriggio stesso alla Chiesa di S. Ignazio: «… appresi pure che avremmo dovuto cantare una parte della Messa all’udienza pubblica del mercoledì a San Pietro alla presenza del Papa».

L’acustica a S. Ignazio si rivelò «perfetta e dalla prima nota in poi capii che sarebbe stata un’esecuzione magnifica. Fu un concerto, non una Messa liturgica», e Laurence fu anche libero di variare la successione dei vari brani. Il concerto andò benissimo e tutto il programma fu registrato dalla Radio Vaticana. Il martedì sera, alle 20.30 fu mandato in onda il Gloria «… insieme ad un’intervista a due dei nostri ragazzi, invitati appositamente alla Radio… e tutti quanti ascoltammo la trasmissione…».

Il mercoledì mattina i coristi cantarono il Kyrie ed il Credo «per i ragazzi dell’Istituto dove erano alloggiati» e poi andarono a S. Pietro:

… la Chiesa era piena zeppa di gente, vi era rappresentato tutto il mondo. Solo al centro e dove era stato preparato il trono restava qualche spazio lasciato libero per far passare il seguito del Papa… Noi avevamo un largo spazio proprio a fianco del trono… Il Papa salì sul trono… quindi cominciò a leggere uno dopo l’altro, i nomi delle delegazioni presenti all’udienza, e ognuna rispondeva con un’acclamazione…quando arrivò al nostro nome, i ragazzi risposero con un grido fortissimo, agitando i loro spartiti proprio sotto i suoi piedi. Egli interruppe la sua lettura e disse: ho sentito che avete avuto un gran successo e sono felice per voi.

Laurence descrive poi come cantarono il Gloria, mentre il Papa salutava le varie delegazioni presenti, ed i sentimenti del Pontefice per aver «fatto risuonare questa musica, per la prima volta dopo quasi trecento anni proprio nell’ambiente per cui era stata composta».

Alla fine il Papa, ancora una volta

… ci salutò in modo straordinariamente caloroso e (parlando a me) si congratulò per i miei ragazzi e per tutto il Coro, invitandoci a perseverare e a tornare di nuovo… era il massimo che avremmo potuto sognare, e non ci furono limiti al nostro entusiasmo, dai più piccoli ai più grandi.. Nel pomeriggio cantammo ancora una volta… al Collegio Capranica, non tutta la Messa ma solo il Kyrie, il Gloria, il Sanctus e l’Agnus Dei… e alla fine eravamo quasi morti.

 [6 novembre 1950]

Le lettere non portano traccia del fatto che il Coro dopo un siffatto primo anno, avrebbe continuato ad operare, come invece accadde. Non c’era penuria di nuovi talenti da reclutare nelle scuole: il successo di Roma aveva suscitato un clamore straordinario in tutta Trento. Laurence perfezionò i metodi di insegnamento della teoria musicale oltre alle esercitazioni pratiche che dovevano accelerare le capacità di amalgamare i nuovi cantori con i gruppi già esistenti. Si preoccupò molto di cercare di elevare le loro anime con ogni mezzo «adatto ad edificare e portare le persone al di sopra della condizione istintuale» [12 marzo 1950].

Ogni tanto si verificavano anche degli scossoni nel Coro. Nel guidare il suo gregge fino «all’acqua» Laurence usava sia il bastone sia la carota; l’ultima era come al solito più efficace. Fondò un circolo per i ragazzi ed una biblioteca di lettura per i più anziani; si diede da fare anche con le collezioni dei francobolli ed altri hobbies, ma l’attrazione principale, al di là degli apprezzamenti del pubblico durante i concerti, era il «campus» che si faceva ogni anno durante le vacanze estive con i ragazzi in montagna (e più oltre anche al mare, sull’Adriatico). Tuttavia far esercitare e divertire i componenti del Coro non era certamente l’unica occupazione di mio fratello. Le sue ricerche ed il suo lavoro certosino di catalogazione e archiviazione proseguivano senza la minima interruzione; la pubblicazione delle trascrizioni dei Monumenta e Documenta della musica polifonica sacra (più tardi arricchita dalle edizioni della scuola policorale romana) doveva essere particolarmente curata, completata di prefazioni in almeno quattro lingue diverse, e le relative bozze di stampa, corrette ed anche pagate: quest’ultimo aspetto ha richiesto un utilizzo quasi incessante di fondi, parte dei quali è servito per quelle attività del Coro.

Il Coro si presentò al pubblico trentino a giugno, con brani nuovi e Laurence capiva che era prematuro, ma necessario, perché desiderava esibirsi prima che le scuole chiudessero per le vacanze estive. La stampa locale si espresse in modo «favorevole» ma Laurence era incerto se rallegrarsi o no perché gli errori grossolani non erano stati rilevati e criticati da nessuno; si consolò affermando che alla fin fine «non era stato un disastro».

… Durante i preparativi per il campo estivo – scrisse -, ho ripulito il Coro con l’aiuto dei ragazzi migliori. I coristi sono stati ridotti a sessanta, un numero sufficiente per riempire una gran chiesa di un’armonia celestiale oppure di un baccano infernale (sic)…

[6 luglio 1951]

Il campo era a Pejo, nei pressi del Tonale, tra i monti della Presanella e dell’Ortles Cevedale a circa 1.200 metri di altezza. Laurence amava scalare le montagne più di ogni altra forma di esercizio fisico. Descrive, ad esempio, un fine settimana in gita con quattro ragazzi, di cui il più giovane aveva solo 10 anni e andava alla gita per premio; aveva ottenuto questa ricompensa per l’impegno continuo all’interno del Coro. Dopo aver suonato il violino per soli due anni, questo ragazzo «sa cavarsela bene con appena un’occhiata alle parti… vorrei averne avuti tanti così» [1 agosto 1951].

Aprendo una delle sue lettere, sul tavolo mi cadde una stella alpina. La rimisi nella lettera dopo averla letta:

… il campo è finito ed ora mi trovo con cinque ragazzi soltanto… ho accompagnato il gruppo a Trento: è stata la spedizione più mozzafiato della vita, ma guidati da un’armata di efficientissimi angeli custodi siamo ritornati sani e salvi… Immaginate 50 ragazzi su un camioncino con tutto il bagaglio, le coperte e tutti gli utensili necessari per un campo della durata di un mese, e, sul tetto, un piccolo organo antidiluviano, che tornano giù lungo le strade a rischio di rompersi l’osso del collo… bene: sono di nuovo qui già da giovedì pomeriggio e c’è calma e serenità ora…

[18 agosto 1951]

Ogni volta che Laurence tornava da Roma portava via, a poco a poco le sue cose, finché:

… l’operazione è stata portata a termine qualche tempo fa in seguito al gentile… invito della Biblioteca Vaticana a riprendermi lo scrittoio che loro direttamente avrebbero provveduto ad imballare… e, dunque, è arrivato a Trento e si è posta la questione della sua collocazione. Questo problema gravoso si è risolto quasi per incanto perché ho trovato una bella stanza spaziosa proprio dove la desideravo.

[17 ottobre 1951]

Le lettere relative ai primi anni Cinquanta parlano di un autunno e di un inverno dedicati allo studio di nuovi brani, tutti del periodo barocco, mentre la primavera era dedicata alla scoperta di luoghi per il campo estivo, e l’estate trascorsa al campo stesso con l’intento di organizzare concerti. Nel 1951 c’era stata una seconda esibizione a Roma, ma non era possibile certamente aspettarsi lo stesso trionfo dell’anno precedente. Il «metodo romano» di cantare Palestrina era la «bestia nera» di Laurence e, così come egli non esitò a dar voce alle sue obiezioni, è importante rendersi conto di quanto i romani lo apprezzassero. Tuttavia, di tanto in tanto, c’erano altri problemi in casa, a Trento.

Nelle lettere si avvertono vaghe sensazioni di persecuzione, seguite spesso da altrettanto vaghe asserzioni sul fatto che «questa volta sono state ridotte al silenzio…».

E’ quasi certo che l’Arcivescovo di Trento abbia giocato un ruolo di mediazione fra le parti in contrasto:

… le nostre prove si svolgono nella palestra di una scuola che sta proprio di fronte al palazzo. L’Arcivescovo ci ascolta spessissimo attraverso la sua finestra.. Una sera fece cadere giù una copia del «Bollettino della Federazione Internazionale dei Piccoli Cantori» perché mi venisse consegnata. Io chiesi se si sarebbe opposto alla nostra adesione a tale Federazione e lui rispose che noi potevamo fare tranquillamente ciò che volevamo fino a quando ci fossimo tenuti lontani da terreni pericolosi…

[20 marzo 1951]

A New York questi resoconti non perdevano nulla della loro portata. Ecco una delle risposte di mio fratello alle sottili e ripetute richieste di conformarsi alle indicazioni delle gerarchie del posto:

… se da parte mia si dovesse giungere alle estreme conseguenze ho paura che possa accadermi qualche cosa. Perché se gli altri non hanno tentato di dissuadermi con tanta decisione e forza, chi può sapere se io stesso non mi metterò da parte da solo, dato che tutto ciò è troppo per la mia tensione fisica e morale.

Nella stessa lettera c’è anche questa frase:

… un’altra madre dei miei ragazzi (ma diversa da quella che ti ha scritto) mi ha chiesto di mandarti i suoi migliori saluti… Vedi, Trento è piena di gente meravigliosa ed affettuosa…

[21 marzo 1952]

Il campo estivo di questa nuova estate del 1952 si sarebbe tenuto a Fierozzo e prometteva d’essere meglio organizzato perché Laurence aveva avuto il buon senso di istituire un comitato di genitori dal quale si aspettava contributi positivi. Ricorda anche che stava scrivendo lettere di richiesta di sovvenzioni all’amministrazione pubblica e ad istituzioni private. Poi, dopo un periodo trascorso in città, a maggio partivano per una tournée di sei giorni in Germania. A tale proposito Laurence scriveva:

… in un piccolo paese abbiamo effettuato un’esecuzione piuttosto bruttina della nuova Missa Tiracorda (di Benevoli)… Naturalmente erano tutti deliziati, perché non avevano mai ascoltato qualche cosa di simile, ma chi avrebbe potuto accorgersi degli errori ?…

[27 ottobre 1952]

Ma secondo Laurence «questo era servito di lezione… per non lasciare nulla al caso», e così poté riferire che le due esecuzioni successive, tenute più tardi a Trento, erano andate molto meglio, ed anche che un’altra tenuta «su invito delle autorità locali» fu importantissima «per i ragazzi che l’hanno eseguita veramente bene dall’inizio alla fine».

In ogni caso la tournée in Germania andò «estremamente bene, meglio di quanto osassi sperare» come riferisce Laurence stesso.

Il richiamo al modo di cantare del suo Coro, introduce la questione del suo particolare pensiero circa l’interpretazione musicale delle composizioni vocali: la critica sull’assenza di una «cultura vocale» oppure «sulla mancanza d’esercizio vocale» fu ripresa più volte, poiché era inamovibile per lui la convinzione che le «voci naturali» di tutti i cantori dovevano assumere un rilievo fondamentale per caratterizzare gli intenti estetici del compositore di musica policorale. Questa sua convinzione gli costò sofferenza fino alla fine dell’attività del Coro.

… la mattina abbiamo cantato la Messa alta… che è stata trasmessa da Radio Hilversum (Olanda)… non è andata troppo bene ma nemmeno così male. Comunque il pubblico non è stato conquistato… ma il presentatore della Radio, un simpatico sacerdote olandese, durante la trasmissione ha affermato che la chiave di comprensione di quella musica era proprio nel nostro modo di cantarla: con le loro voci naturali, i ragazzi hanno reso con disinvoltura una quasi illimitata varietà di timbri di voci come un grande organo./… Come il vecchio organo italiano che con il gioco dei registri dà una forte preponderanza agli «alti»… Questo fu discusso e messo in evidenza chiaramente durante le prove del giorno. La sera, prima dell’esecuzione prevista – la più importante del viaggio per noi – questo concetto è stato nuovamente ribadito in una breve presentazione che ha magicamente aperto le menti del vasto uditorio… I ragazzi hanno fatto miracoli e il risultato è stato entusiasmante: nessuno aveva mai ascoltato qualcosa di simile prima d’ora.

[7 novembre 1952]

Questo concerto si era tenuto ad Essen, ed il viaggio era durato trentuno ore su un autobus che era servito anche per il pernottamento di cinquantacinque ragazzi, quattro adulti, due giovani signore appartenenti alla commissione direttiva nonché tre genitori addetti all’organizzazione tecnica.

Il giorno successivo a quello del concerto, il gruppo si recò nella città di Knechtsteden per effettuare una registrazione di cinque ore:

… i tedeschi pagano molto bene; con la registrazione potremo pagare tutti i nostri vecchi debiti.

Nel viaggio di ritorno passarono per Limburg. L’antica passione di Laurence per l’architettura gotica portò tutti a visitare la cattedrale che

… fortunatamente abbiamo trovato aperta. Un prete molto simpatico ci ha acceso le luci e noi abbiamo risposto con un’esecuzione improvvisata di un Magnificat a 8 voci, senza spartiti a memoria… E’ andata benissimo e ha fatto una grande impressione su tutti.

A dicembre il Coro era pronto a celebrare «con un’inaugurazione solenne» la fine del terzo anno d’attività e l’inizio del quarto. Il lavoro procedeva con Laurence che andava «in città quattro cinque volte al giorno per le prove e per le lezioni». La neve, sebbene gli fosse odiosa, non lo fermava dal muoversi su e giù con la bicicletta; ma nel paese d’origine del famoso film Ladri di biciclette non ci si deve meravigliare di apprendere che il suo mezzo, un giorno, era stato rubato:

… chi poteva pensare che qualcuno avrebbe potuto trarre un qualche beneficio da un prete che celebrava messa invece di mettere al sicuro le proprie cose.

[18 dicembre 1952]

 

Grandi luci dai prossimi anni

Nel 1953 il campo estivo si tenne a Grauno. Il Coro aveva «comperato due piccoli armonium grandi come valige» e gli abitanti del villaggio – come ricorda – «sono venuti ad ascoltarci dalle finestre». Ma anche l’imprevisto poteva accadere:

… abbiamo cantato alla messa in un villaggio attiguo, ma non era un giorno fortunato per noi… In alcuni punti qualcuno dei ragazzi ha variato la lettura con un risultato tale da far invidia a Schönberg (un altro spauracchio di Laurence). Hanno inventato un nuovo sistema armonico con una scala di almeno ventiquattro toni… di sicuro è stato qualcosa di veramente nuovo.

[13 luglio 1953]

In questo periodo il Coro stava preparando la Missa In Diluvio Aquarum Multarum scritta da Benevoli per ricordare la grande inondazione del Tevere del 1660. Nel 1953 andarono per la prima volta a Caorle, sulla costa adriatica, che per molto tempo diverrà la meta preferita per un gruppo più ristretto di cantori dopo il campo annuale trascorso in montagna. Nel suo gruppo scoprì un ragazzo in gamba, il cui padre era un impiegato delle Ferrovie dello Stato, che poteva mettere a disposizione dei biglietti gratuiti «quanti se ne desideravano»: questo fu sicuramente di grande aiuto per i loro numerosi viaggi.

Nel maggio del 1954 Laurence si organizzò per trasferire, in autunno, la sede del Coro nella casa del signor Lunelli, un edificio del XV sec. «costruito con mura ciclopiche». Nella nuova sede di Vicolo Colico, al centro di Trento, il famoso musicologo Manfred Bukofzer assistette ad una prova, ma «disorientato non ha potuto seguire i vari punti della partitura perché non era in grado di leggere le chiavi antiche».

L’austerità nella vita del Coro è precisata da una descrizione della sede estiva di Caorle, dove i ragazzi avevano a disposizione soltanto i letti per dormire ed un solo tavolo, sul quale doveva lavorare Laurence, e ciò rappresentava un lusso. «Per il mangiare dipendiamo dal tempo – scrive Laurence – perché dobbiamo farlo all’aperto (per fortuna ha piovuto solo due volte!)».

I coristi facevano le prove contemporaneamente in quattro sale diverse. Ma il feu sacré e il bisogno d’indipendenza di mio fratello erano superiori ad ogni cosa.

Nell’autunno del 1954 la nuova sede del Coro era pronta. Comunque Laurence dormiva in una casa che era stata adibita da poco a residenza dei sacerdoti. Il locale concesso dal collega musicologo Renato Lunelli è così descritto:

… è stato sistemato decorosamente, ma senza bagno: troppo costoso… e tuttavia ha tre ampie stanze, una lunga più di dodici metri, tutte con le loro volte a botte originali, un autentico palazzo antico, verniciato di bianco, con i pavimenti puliti, la luce elettrica e fornito di mobilio. Io occupo una delle stanze più piccole, con dentro il mio scrittorio; è verniciata di un rosso forte e vi risalta ai lati il disegno di un delicatissimo fiore dorato, le volte a botte e gli stipiti delle porte sono verniciati di bianco.

[7 novembre 1954]

In questa sede Laurence ed i ragazzi festeggiarono il Natale con un grande albero:

… avevamo appena finito di accendere le candele che, più presto di quanto ci si potesse aspettare, si è presentato l’Arcivescovo: è stato accolto da lunghi e calorosi saluti. Gli abbiamo donato una nostra registrazione: il Laudate pueri. Ci ha risposto con un cortese e simpatico discorso, al quale ho replicato con parole di ringraziamento improvvisate che lo hanno colpito proprio nel profondo del cuore, dopodiché ci ha lasciati veramente contento e felice.

La lettera termina con questa frase:

… proprio qui, in questo mondo miserabile stiamo creando qualcosa di veramente prossimo al Paradiso.

[I gennaio 1955]

Durante l’estate del ’55 il Coro stava lavorando per effettuare un’altra tournée in Germania, con prima tappa Norimberga; il viaggio fu però drammaticamente annullato all’ultimo minuto. Dopo di ché ci fu una minaccia di ridimensionamento del gruppo causa l’assenteismo e la mancanza d’interesse da parte di alcuni ragazzi:

… c’è stata un’ultima riunione (in un paese vicino dove ci siamo trovati per cantare, ed i ragazzi per mangiare le ciliegie offerte dalla popolazione in cambio del nostro canto) per discutere il problema. Naturalmente questo è stato sufficiente a richiamare tutti, compresi gli assenteisti. Alla fine ho detto loro in due parole sole che potevano proseguire con noi, ma con l’impegno a partecipare a tutte le prove e a mantenere l’ordine e la disciplina C’è stato un sospiro di sollievo, ma non così profondo come il mio personale.

Cosa che non ho comunicato loro.

[6 giugno 1955]

Annullato il viaggio a Norimberga Laurence trovò come destinazione alternativa Monaco, dopo essersi assicurato la disponibilità dell’alloggio presso l’ostello della gioventù. Questa «avventura piuttosto incerta … si è trasformata in un trionfo di primo ordine». Dopo aver viaggiato per tutta la notte gli autisti dei pullman si trovarono un po’ smarriti a Monaco, ma

… fortunatamente abbiamo trovato un tizio che ci ha offerto ogni sorta di aiuto. Ci ha dato indicazioni… ha fatto tutte le telefonate necessarie per metterci in contatto con le persone e le istituzioni interessate… La sera stessa del nostro arrivo, nella chiesa della zona dove eravamo alloggiati, abbiamo cantato in quattro e quattr’otto un Salmo, che ha destato una grande impressione. Al punto che il mattino successivo abbiamo dovuto ripetere lo stesso brano durante la messa nella Chiesa di S. Pietro e Paolo. Alle 11 dello stesso mattino siamo stati ricevuti dal Console italiano e abbiamo cantato anche nella sala dei ricevimenti del Consolato… lui ha chiesto un bis… è stato veramente contento… ci ha offerto un rinfresco nel giardino per assicurarsi che saremmo tornati di nuovo… Dopo pranzo dovevamo essere ricevuti dal Sindaco e dal Kulturminister… che era in vacanza ma aveva dato precise disposizioni perché cantassimo nel cortile centrale del Municipio e ci fosse conferito un atto di benemerenza. In questo luogo si era raccolto un uditorio piuttosto numeroso… che si è entusiasmato sinceramente per i brani ascoltati. Un giornalista che si è trovato a passare per caso fuori dal Municipio, sentendo il canto, è entrato e poco dopo ha voluto intervistarmi… Si è commosso nel sentire che ero vostro figlio… la tua mostra qui l’anno scorso ha lasciato una profonda impressione. Nel viaggio di ritorno verso l’Italia siamo passati per Ettal, che è un miracolo di architettura, colori, panorama, e per Oberammergau che invece è orribile! Ma doveva essere visitata…

[5 luglio 1955]

Nel maggio del 1956 nella sede del Coro fu installato un organo Mascioni:

… ha fatto sudare sette persone per parecchie ore per portarlo su per le scale e per superare gli angoli delle pareti… ma adesso si trova nel nostro gran salone e ci rimarrà per sempre.

L’anno dopo il campo estivo si tenne a Seregnano:

… con prove intense tutti i giorni… ed appena qualche minuto di sosta. Questo ferreo attivismo durerà fintanto che non torneremo dal concerto di Monaco.

[18 giugno 1957]

 Al ritorno Laurence fa il punto di quest’esperienza:

… ovviamente voi volete sapere di Monaco. Prima cosa: sono contento che sia passata e che il Coro sia stato all’altezza della situazione… Ho avuto l’impressione, in linea di massima che il risultato è stato veramente eccellente. Il passaggio brusco da un clima ad un altro sarà sempre un problema per i ragazzi che non hanno alcun senso di responsabilità così come del valore delle loro corde vocali...

È evidente da alcune altre lettere come Laurence ritenesse che la loro imprudenza a compiere viaggi con i finestrini aperti e il loro continuo «vociare» mentre viaggiavano danneggiasse la qualità della loro voce. Un danno siffatto si sarebbe infelicemente evidenziato nel contesto che li attendeva per il concerto: il confronto con i gruppi corali di Monaco che partecipavano allo stesso programma.

… I ragazzi di Monaco presentano un’ottima preparazione ed un’attenta disciplina. Cantano un tipo di repertorio del quale m’interesso pochissimo ed in un modo di cui non mi curo affatto. Però sapevo che ci sarebbe stata una certa perfezione nella loro esecuzione con la quale noi non potevamo competere. Il nostro modo di cantare, invece, presenta una potenza ed una qualità di tono che non piace a molte persone e che è classificata come «mancanza di esercizio vocale»… Cantare il nostro repertorio con la qualità perfezionata del «tono corale» avrebbe reso il nostro canto poco pregnante e, interpretarlo con una «espressione vocale», l’avrebbe immediatamente ucciso.

[1 luglio 1957]

 

Pastorale

… Subito dopo il rientro da Monaco sono stato serenamente indaffarato con i ragazzi che ora ho a disposizione… soprattutto i piccoli, soprani e contralti. Mi sto dando da fare per cominciare a mettere un poco d’ordine nel gruppo, anzi uno l’ho rispedito a Trento proprio questa mattina… La sera, quando i piccoli sono a letto, io passeggio su e giù nella stanza e metto un disco inciso da loro. E’ molto gradito ed è alla fin fine il modo migliore per farli addormentare tranquillamente senza battaglie con cuscini o altre sommosse.  Di solito alla fine del disco sono tutti addormentati… nessuno comunque sopravvive ad un secondo ascolto!… Ed anche a me piace questo. Mi sento come un pastore in mezzo al suo gregge. Alla fine scendo giù e faccio una doccia fredda. La mattina a messa cerco di far comprendere loro poche cose fondamentali sulla vita spirituale, che a volte può apparire quasi come un invito in direzione opposta; ogni giorno accade qualcosa di nuovo che sembra ispirato dal diavolo stesso per mostrarmi che io non valgo nemmeno la metà rispetto a lui.

 [10 luglio 1957]

 

Il bruco e la cometa

… Mi domando se non hai mai sentito parlare della cometa o l’hai vista… Proprio ora sta allontanandosi da noi con una certa velocità… puoi forse avere qualche notizia su di essa da Themas (il nipote scienziato). Fammi saper anche questo, che m’interessa moltissimo: durante gli ultimi giorni trascorsi a Seregnano… uno dei ragazzi ha trovato un bruco enorme e me lo ha portato chiedendomi delle informazioni. Lo abbiamo tenuto con noi ed abbiamo cercato di trovare il giusto tipo di foglie per nutrirlo. Ma lui l’ha pensata in modo diverso e verpuppte sich (è diventato una crisalide)… ed ora aspetta il gran giorno.

[29 agosto 1957]

 

 

 La mostra d’arte

In questo periodo, un aiuto sostanziale per le attività musicali venne a Laurence sotto forma di un risveglio di interesse per l’arte di suo padre in Italia. Nel gennaio del 1958 l’Università Popolare di Trento chiese ed ottenne in prestito per una mostra la raccolta di Laurence dei lavori di Lyonel Feininger. La mostra non si tenne solo a Trento, ma anche a Merano e a Trieste su interessamento dell’ufficio informazioni statunitense. Fu pubblicato un catalogo: «veramente incantevole e di piccole dimensioni».

 

Il tenore di vita

… qui dove ci troviamo (Cortesano) è molto carino. Io ho una stanza singola come in tutti gli ultimi anni (i primi anni dovevo dormire nella stessa stanza dei ragazzi). Piano piano abbiamo migliorato non solo il nostro equipaggiamento (che il primo anno consisteva in un giaciglio ripieno, il secondo e terzo anno in sacchi riempiti di paglia, il quarto in reti metalliche, e quindi anche di materassi), ma anche gli alloggi che sono diventati migliori, più spaziosi (e più costosi)… Nel paese c’è una chiesetta con un’ottima acustica e spero di poter fare delle registrazioni proprio qui durante il nostro soggiorno estivo.

[8 luglio 1958]

Questo mi ricorda le lunghe ore che Laurence passava con la sua apparecchiatura da registrazione sperando di ricavare dei nastri di una qualità tale da poterne poi permettere la commercializzazione in dischi. L’ultimo insuccesso, quando i dischi erano praticamente pronti ma nessun rivenditore disponibile, fu di un dispiacere piuttosto amaro.

 

I concerti a Bad Tölz e a Salisburgo

… Il viaggio è stato coronato forse per la prima volta nella nostra storia da un successo pieno. Devo fare un’eccezione per il nostro primo concerto a Roma… ma allora la reazione era stata anche determinata dalla sorpresa… io ero proprio un principiante e non ero in grado di valutare ciò che facevamo e come lo facevamo… Questa volta c’è stato un vero e proprio apprezzamento sul nostro particolare modo di cantare… eravamo attesi con ansia, i ragazzi ed io eravamo divisi tra le varie famiglie del coro di Tölz che era stato nostro ospite la Pasqua precedente… La mattina abbiamo fatto una prova ed è venuto il Sindaco a darci il benvenuto; anche la prova è stata un gran successo. La chiesa era quasi completamente piena! La sera, l’auditorium rimase sempre completo e traboccante di gente… Il mercoledì siamo partiti per Salisburgo sul presto… I ragazzi si sono vestiti sull’autobus (con le nuove divise bianche del Coro) per un rinfresco offerto dal Sindaco a Palazzo Mirabell che è uno dei più squisiti edifici barocchi esistenti, con la famosa scalinata e sala dei ricevimenti acusticamente perfetta… Non abbiamo mai avuto una sala migliore per cantare, l’esecuzione è stata così perfetta come mai prima… Il Sindaco è rimasto estasiato… ha tenuto un discorso che mi ha chiesto di tradurre, frase per frase, per i ragazzi… con il più cordiale, sincero ed entusiastico indirizzo di saluto. Abbiamo cantato il Gloria della Missa Si Deus Pro Nobis con le note lunghe dei soprani verso la fine dell’amen che ricordano l’immagine degli angeli che danzano. Nel pomeriggio siamo stati ricevuti dall’Arcivescovo nel suo palazzo; abbiamo cantato il Gloria anche per lui… tutti speravano di poterci ascoltare ancora e ci si poteva scommettere la testa che saremmo tornati di nuovo! Il viaggio di ritorno, passando per il Grossglockner, è stato il puntino sulla «i» per il tempo bellissimo che, come c’era stato detto, lì è raro più d’ogni altra cosa. Siamo arrivati a Trento giovedì sera alle 20.30.

[1 settembre 1958]

 

Un nuovo astro

Il 1958 fu dedicato allo studio della musica di Ottavio Pitoni «un personaggio veramente di spicco». Laurence analizza le composizioni di Pitoni in termini che tradiscono il fascino inedito della scoperta e fa dei confronti con Benevoli e addirittura con Bach, che nessuno potrebbe aspettarsi. Nello stesso tempo rimane imbarazzato nel trovare «una formula efficace per valorizzare le creazioni di Pitoni» e sente che sono necessarie ulteriori ed estese ricerche. Torna «alla Biblioteca Vaticana per fare piazza pulita di tutto quello che è rimasto» di questo compositore, il che significa qualcosa come:

… 10.000 fotogrammi di microfilm. I tre brani che stiamo cantando ora son così belli ed affascinanti che sono sicuro ne seguirà una grossa rivalutazione non appena si diffonderanno.

[20 settembre 1958]

Forse Laurence procedeva con passo troppo spinto persino per le sue eccezionali energie.

A tal punto che ora, nelle sue lettere, si percepiscono i primi segni di stanchezza. Scriveva come ultimamente il lavoro fosse «deludente: la prova generale ieri è stata veramente disgustosa». Che tali espressioni siano qualcosa di più di uno stato d’animo vagamente affaticato, mi sembra possano essere verificate da alcune analisi sulla natura ed il comportamento umano che qui seguono: se ne ricava una particolare sensazione come se lo scrivente fosse in procinto di toccare dei limiti precisi riguardo a quanto sperava ancora di poter raggiungere.

Così capitava

… una delle inevitabili cadute in giù e nemmeno troppo in basso; ma mi aspetto qualcosa di buono dal viaggio a Roma e dalla celebrazione del nostro nono anniversario… chiamalo come ti pare. Devo vedermela con il fatto che questo Coro esiste ancora, è a Trento, ed è composto da trentini… Altrove ce ne sarebbero altri, con altrettanti elementi non buoni e bisognosi di guida e deprimenti come qui. In tempi come questi, la sola esistenza di un coro come il nostro è anacronistica. Eppure a volte (persino ieri sera) cantano in modo tale da far andare in estasi. Non si può distruggere la propria creatura, sia essa un figlio o un coro, solo perché non è ciò che desidereresti… non sono cattivi, ma solo senza la possibilità che si rendano conto di ciò che fanno e di ciò che ci si aspetta da loro a beneficio e gratificazione di loro stessi.

[26 ottobre 1958]

… La cosa cui non mi abituerò mai è come i ragazzi italiani giochino e scherzino fino all’ultimo momento: impossibile farli star zitti per mezzo minuto… e non tanto i soprani, ma proprio i più adulti sono i peggiori.

[11 novembre 1958]

… Abbiamo dato il nostro concerto, è andato tutto bene… anche i ragazzi si sono comportati veramente bene… come d’altronde fanno sempre in circostanze come queste. E’ solo per le mie idee strane ed antiquate che dovrebbero mostrarmi qualche cosa di simile anche in occasioni normali.

[23 novembre 1958]

… Domenica 7 siamo stati invitati a cantare in un paese alla messa della sera. Come sempre (riguardo al canto però) i ragazzi hanno fatto veramente bene, ma il piccolo festeggiamento che è seguito ed il viaggio di ritorno sono stati un travaglio. Evidentemente esauriscono le loro capacità di disciplina, ordine ed attenzione cantando, dopo di che esplodono e basta! È stata una cosa da far drizzare i capelli vedere come si tuffavano sui cannoli accuratamente preparati assieme a frutta, noccioline e vino (io avevo insistito che non avrebbe dovuto esserci vino per nessun motivo!!!) e naturalmente si sono subito ubriacati… Lo devo ignorare finché non mi sarò abituato e sarò capace di accettarlo.

 [8/11 dicembre 1958]

 

Sulla cresta dell’onda

Alla vigilia di Natale venne a trovarli l’Arcivescovo e cantarono parecchi brani in suo onore. Come sempre «si è intrattenuto con cordialità: è il nostro migliore amico qui a Trento». Cantarono la messa di mezzanotte in una piccola chiesa della città. A metà messa se n’andò la luce e dovettero continuare a cantare al lume di candela. Il giorno successivo al Natale arrivò il gruppo di coristi tedeschi cui fu dato il benvenuto e successivamente «fu diviso per la sistemazione tra le famiglie dei nostri ragazzi». Il pomeriggio del giorno seguente fu così descritto da Laurence:

… Abbiamo offerto i nostri omaggi all’Arcivescovo presente anche al concerto nella Chiesa di S. Francesco Saverio. E’ stata un’eccellente prestazione per entrambi i gruppi… E’ stato interessante soprattutto fare il confronto fra il loro ed il nostro modo di cantare: due mondi diversi nell’interpretazione della musica. Qualche parola su Roma, indubbiamente la più importante e la più significativa di tutte le nostre imprese: sinora forse la più importante della mia vita… L’essenza è qui: non siamo stati ricevuti privatamente ma nella famosa Sala Clementina del Santo Padre insieme ad altre quattrocento persone e abbiamo cantato alla sua presenza il Magnificat sexti toni a otto voci di Benevoli I ragazzi si sono esibiti in modo glorioso e tutto ciò, si poteva vedere, aveva fatto una profonda impressione su tutti; il Santo Padre è stato il primo ad applaudire. Alla fine dell’udienza ha detto: «mi avete salutato con il canto e con il canto vi darò la benedizione». Nel pomeriggio è stato dato il concerto all’auditorium dell’Istituto Pontificio di Musica Sacra; le persone non erano molte, ma c’erano le più importanti per noi. E’ stato un successo completo e trionfale e all’inizio io avevo dato una breve spiegazione sull’aspetto fondamentale della musica che stavamo per eseguire. Sebbene io sia sicuro che non proprio tutti sono rimasti completamente convinti, per la maggior parte delle persone è stata comunque una grand’esperienza ascoltare il nostro modo di cantare (come d’altronde continuiamo a fare anche adesso). Persino un uomo come Monsignor Bartolucci, Maestro a vita della Cappella Sistina, ha detto al nostro presidente del Coro quanto fosse profondamente sorpreso e assai contento. A me ha dato solo la mano rapidamente, ed è corso via per una delle sue prove. Ma una cosa è evidente: nessuno a Roma aveva mai sentito dei ragazzi cantare in quel modo.

[5 gennaio 1959]

E’ con riluttanza che mi preparo a lasciare la stesura della cronistoria del Coro. Mi sono appassionato ancora ad altri anni di storia, ma il periodo nel quale ho concentrato di più l’attenzione è questo perché mi è sembrato essere il più rilevante. Lo amo per il grande apporto di motivazioni che si possono ricavare dalle lettere: la musica, religiosa per natura propria, diventa nel caso specifico il veicolo della scelta religiosa di Laurence; con i suoi mezzi egli spera di influenzare la Società su vasta scala e dissuadere gli uomini dal percorrere strade disastrose. Egli ha mostrato anche le conseguenze della distruzione prodotta dalla guerra nel suo Paese di adozione pesantemente caratterizzata dal deterioramento fisico e morale seguito al periodo postbellico.

Cominciando con poco o niente, egli cercò di ricreare a Trento una Società quasi in miniatura che nella sua ottica doveva rappresentare «lo Stato ideale», e dove ogni componente «possiede un’anima di cui vale la pena occuparsi».

Nelle lettere ci sono parecchie affermazioni riguardanti coloro che governavano questo «suo» mondo e che dovevano essere sostituiti perché reprimevano il vero significato del suo lavoro educativo con i ragazzi delle scuole cittadine.

L’antico ed austero stile di vita dipinge al meglio la sua sicurezza nell’affermare la supremazia della vita spirituale sui modi di essere di questo mondo. La tragedia della sua vita è come quella di Faust, che non riconosce il suono del badile e del piccone che scavano la sua fossa per via del gran lavoro che sta facendo nel tentativo di tirarsi fuori dall’estremo pantano nel quale si era immerso. Ma il suo humor è stato un grande alleato per il suo incrollabile coraggio:

… Quanto sono stato fortunato per essere riuscito a dedicarmi così assiduamente al mio lavoro e ad aver mantenuto una volontà inflessibile anche nei momenti di delusione. Mi sembra quasi incredibile di essere riuscito a fare tutto questo (sia sul piano economico che sul piano fisico). Ed è anche incredibile la possibilità che possa avere altri venti anni a disposizione per portare a termine un lavoro, che, forse per la prima volta da quando ho iniziato, sembra occupare una vita intera… Momenti di stupore – forse un po’ come accade alla gallina quando si accorge di aver fatto un uovo, un uovo vero e proprio!!!

[20 novembre 1959]

 

Cambridge/Massachusetts, 20 febbraio 1985 | Traduzione dall’inglese di Sante Centofanti.

 

Da: I Codici Musicali Trentini I° (Atti Convegno), 1986