Codici Musicali Trentini del ‘400

La musica europea del Quattrocento

Le duemilacinquecento pagine dei sette codici musicali trentini del Quattrocento, con le loro 1836 composizioni musicali a più voci, raccontano non solo la grande storia musicale del Quattrocento europeo, ma anche mezzo secolo di storia della scuola capitolare del Duomo trentino.

Questi codici restarono per più di quattrocento anni inutili e dimenticati nella biblioteca del Capitolo del Duomo di Trento, sino a quando il musicologo e sacerdote tedesco Franz Xaver Haberl non ritrovò i primi sei nel 1885 e li fece conoscere al mondo. Ora chiunque può sfogliarli on line. Una cosa inimmaginabile allora e anche cinquant’anni dopo, quando un giovane studioso, nato a Berlino, venne a Trento per occuparsi di questo straordinario patrimonio, che trascrisse integralmente e in parte pubblicò: Laurence Feininger.

Gli studi sui codici iniziarono a Vienna: i canonici avevano venduto nel 1891 i sei preziosi volumi (che nessuno, a Trento, era in grado di decifrare) al Ministero austriaco del Culto e dell’Istruzione e subito fu nominata una commissione di studiosi, presieduta dal musicologo Guido Adler, che iniziò a lavorare alla descrizione, alla ricerca di concordanze in manoscritti della stessa epoca e alla trascrizione delle musiche. Nel 1900 vide la luce un primo volume di trascrizioni, preceduto da un ampio studio ancora fondamentale, nella prestigiosa collana Denkmäler der Tonkunst in Österreich (Monumenti dell’arte musicale austriaca); seguirono poi altri sei volumi della stessa serie nel 1904, 1912, 1920, 1924, 1933 e 1970.

Terminata la prima guerra mondiale (durante la quale, nel frattempo, fu scoperto nell’Archivio del Capitolo del Duomo il settimo codice), l’allora Soprintendente alle Belle Arti Giuseppe Gerola si impegnò nel recupero dei beni culturali italiani conservati nei musei austriaci e, impugnando la legittimità dell’acquisto del 1891, riuscì a far ritornare i codici a Trento; la consegna fu però ritardata al 1933, per permettere la continuazione del lavoro di studio e di pubblicazione iniziato dai musicologi viennesi.

Da allora una serie numerosa di studiosi, soprattutto stranieri, si è recata e si reca a Trento per studiare i preziosi manoscritti.

Da quasi trent’anni un gruppo di amici studiosi sprona la comunità trentina a prendere coscienza del grande valore di questi sette codici musicali, sulla scia dei lavori di Feininger e di Renato Lunelli.

Antonio Carlini e Danilo Curti pubblicano nel 1982 un corposo saggio su “Il Quattrocento e i codici musicali trentini” nel volume curato dal centro culturale “A. Rosmini” dal titolo “Dalla polifonia al Classicismo: il Trentino nella musica”, il primo affresco in italiano sulla storia e sul contenuto dei codici. Tre anni dopo Danilo Curti con l’aiuto di Nino Pirrotta organizza al Castello del Buonconsiglio il primo grande convegno internazionale di studi sui codici (a cento anni dalla loro riscoperta) in onore di Laurence Feininger. Gli atti del convegno sono pubblicati nel 1986 con il sostegno dell’Ufficio Beni librari e archivistici della Provincia autonoma di Trento, allora diretto da Pasquale Chistè. Inizia così una serie di iniziative di studio e di valorizzazione dei codici con il contributo provinciale, che si attua attraverso i saldi rapporti internazionali con studiosi delle maggiori università europee e americane, avviati con il primo convegno.

Il secondo rilevante convegno sui codici, intitolato I codici musicali trentini: nuove scoperte e nuovi orientamenti della ricerca e presieduto da Giulio Cattin, ha avuto luogo nel 1994 e gli atti sono stati pubblicati nel 1996 a cura di Peter Wright con il sostegno del “Servizio beni librari e archivistici”.

L’ultimo convegno internazionale, organizzato presso il Castello del Buonconsiglio il 18 e 19 ottobre 2002 si è occupato, oltre che dei sette volumi trentini, dei manoscritti coevi al di qua e al di là delle alpi e ha visto la presentazione di nuove iniziative trentine relative alla valorizzazione dei codici. Gli atti del convegno sono stati pubblicati nel 2004 a cura di Marco Gozzi, grazie al contributo della Soprintendenza per i Beni librari e archivistici.

Nel frattempo il Festival internazionale Trento Musicantica dedicava numerosi e rilevanti concerti ai codici: nella quinta edizione (1991) il prestigioso “Hilliard Ensemble” di Londra ha presentato Polifonia sacra: da San Marziale al Quattrocento e “Les Menestrels” di Vienna Musica dai codici di Trento; nell’ottava edizione (1994), in margine al convegno internazionale, l’ensemble “L’Homme Armée” ha proposto un programma dal Titolo “Dufay e Palestrina”; nella XV edizione (2001) l’Orlando Consort ha eseguito “I codici di Trento e Petrucci”; la sedicesima edizione (2002) è stata tutta dedicata al Quattrocento europeo, con concerti degli ensembles “La Galeazescha” (La chanson del xv secolo), “La Girometta” (Dufay in Italia), “Pian & Forte” (Musiche di corte per trombe e timpani), “Il Virtuoso Ritrovo” (Musiche del Quattrocento trentino) e “Orlando Consort” (Il Quattrocento europeo). Le ultime due edizioni (2006 e 2007) hanno visto la partecipazione dei due gruppi più clebri nel mondo per questo tipo di repertorio: l’Hilliard Ensemble (“Se la face ay pale”) e il Binchois Consort diretto da Andrew Kirkman (“Dufay e la Savoia nei codici trentini).

Questo fervore di iniziative trentine ha portato alla predisposizione di un progetto globale di decrizione, schedatura, digitalizzazione e pubblicazione on line che si è potuto attuare grazie ad una importante sinergia fra Soprintendenza per i beni librari e achivistici (diretta da Livio Cristofolini), Società Filarmonica di Trento (direttore artistico: Antonio Carlini) e Direzione Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali del Ministero per i Beni e le Attività culturali (direttore: dott. Maurizio Fallace). Ora i codici sono consultabili interamente e liberamente on line, il loro contento è ampiamente indicizzato in un database i cui dati sono tutti facilmente ricercabili. L’impresa, svoltasi sotto la direzione scientifica del prof. Marco Gozzi dell’Università di Trento, si è svolta con l’ausilio dei tecnici dell’Informatica Trentina nel tempo record di 18 mesi. Altri progetti nazionali finanziati dal Ministero e legati alla Biblioteca Digitale Italiana hanno impiegato lustri per essere attuati e molti non sono ancora accessibili nel web.

Il sito dei codici trentini è visitabile dal portale www.trentinocultura.net (vi si accede cliccando su Catalogo e poi Manoscritti musicali trentini).

Il 14 maggio 2008, presso il Castello del Buonconsiglio, è stato presentato il nuovo sito dedicato ai Codici musicali trentini del Quattrocento, con la partecipazione della Vicepresidente e assessore alla cultura prof.ssa Margherita Cogo, il Soprintendente ai Beni librari e archivistici Livio Cristofolini, il Presidente della Società Filarmonica di Trento Marco de Battaglia, il Direttore dell’Archivio provinciale dott. Armando Tomasi, la funzionaria dell’Istituto Centrale per il Catalogo unico delle Biblioteche italiane e per le Informazioni bibliografiche dott.ssa Cristina Magliano e il prof. Marco Gozzi dell’Università degli Studi di Trento.

Il Gruppo vocale “Il Virtuoso Ritrovo” ha reso suono vivo le pagine dei codici quattrocenteschi incorniciando gli interventi dei relatori con la polifonia e riportando l’uditorio alle suggestive atmosfere di 550 anni fa.

Chiediamo al direttore scientifico di questa impresa, il prof. Marco Gozzi (docente di Musicologia e Storia della musica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ateneo trentino), di chiarire cosa sono i codici musicali trentini del Quattrocento.

Si tratta di sette voluminosi manoscritti, copiati tra il 1430 e il 1470 circa, che rappresentano la più estesa e importante collezione di musica quattrocentesca esistente al mondo. Sono conosciuti dagli studiosi con la sigla Tr seguita dai numeri da 87 a 93. Provengono dalla scuola capitolare del Duomo di Trento e furono scritti principalmente da due sacerdoti che operarono a Trento: Johannes Lupi (organista della Cattedrale) e Johannes Wiser (maestro della rinomata scuola capitolare trentina). Notizie biografiche sui due interessantissimi personaggi si possono leggere sul sito. I codici contengono oltre milleottocento composizioni prevalentemente liturgiche (canti della Messa e dell’Ufficio), ma anche chansons profane (circa 140). Un repertorio in uso nelle maggiori cappelle musicali d’Europa.

Ma a Trento nel Quattrocento esisteva una rinomata cappella musicale del principe-vescovo in grado di eseguire tutta questa musica?

No, ed è questa la cosa straordinaria. I codici furono scritti nel periodo del pontificato di ben tre principi-vescovi: Alessandro di Mazovia (1423-1444), Giorgio Hack (1446-1465) e Giovanni Hinderbach (1465-1486), ma nessuno dei tre sembra aver sentito la necessità di un gruppo stabile di cantori professionisti (dunque stipendiati) che rendesse solenni le celebrazioni liturgiche in cattedrale e nemmeno si dotò di una cappella polifonica privata.  

E allora come mai tanta musica, tanta buona musica polifonica dei maggiori autori della scena internazionale (i fiamminghi Guillaume Dufay, Gilles Binchois, ma anche tanti inglesi: John Dunstable, John Forest, John Plummer, John Benet, Lionel Power e via dicendo) è stata copiata a Trento?

Il merito è di due sacerdoti musicisti di nome Giovanni che ho già nominato: Johannes Lupi (o Wolf, alla tedesca) di Bolzano e Johannes Wiser di München. Il primo (1410-1467) divenne organista del Duomo di Trento nel 1443. Prima di arrivare a Trento era stato copista musicale alla corte degli Asburgo, quindi ebbe importanti contatti internazionali che gli permettevano di avere accesso alle più importanti composizioni vocali del momento. La grafia prevalente nei codici Tr 87 e Tr 92 è stata riconosciuta dal collega Peter Wright dell’Università di Nottingham come quella di Lupi attraverso il confronto con il  suo testamento olografo (ossia scritto per intero di proprio pugno dal testatore, non copia notarile) che ancora si conserva nell’Archivio capitolare di Trento.

L’altro Giovanni arrivò a Trento attorno al 1455 come succentor, ossia aiutante giovane del Maestro della scuola capitolare. Divenne rector scholarum (quindi maestro) dieci anni dopo e fece carriera diventando cappellano del vescovo Hinderbach e poi del duca d’Austria Sigismondo. Attono al 1480 (quindi verso i 47 anni) si iscrisse all’Università di Padova e si laureò in entrambi i diritti (civile ed ecclesiastico), ma cosa fece dopo il 1490 non sappiamo: le testimonianze documentarie si diradano sempre più. Forse fu attivo principalmente a Innsbruck o in qualche città italiana.

A Wiser, con l’aiuto di qualche scolaro, si deve la copia in circa  quindici anni (tra il 1455 e il 1470) di ben quattro dei sette volumi trentini (Tr 90, 88, 89, 91). Certamente Wiser conobbe Lupi e sfruttò i suoi rapporti con la corte asburgica: è da lì che arrivava a Trento la grande musica di tutta Europa. La copia dei codici termina infatti probabilmente poco dopo la morte di Lupi e i libri posseduti da Lupi (gli attuali Tr 87, Tr 92 e Tr 93) erano forse già passati nelle mani di Wiser.

Allora questa monumentale raccolta libraria si deve al semplice gusto di collezionista di Johannes Wiser?

Non è certamente solo il mero gusto del collezionista, aiutato dalla favorevole circostanza delle conoscenze di Lupi, che ha spinto Wiser a trascrivere un’enorme quantità di musica vocale, ma anche l’amore per la musica liturgia polifonica e la sua dedizione verso i ragazzi della scuola capitolare, ai quali insegnava molti canti scritti nei codici. Il suo impegno didattico è provato dalla presenza nelle pagine dei codici, accanto ai grandi mottetti isoritmici e alle elaborate Messe fiamminghe (impraticabili da molti dei suoi bambini), di numerosi contrafacta (ossia semplici canzoni profane con testo latino aggiunto) e di integrazioni di testo in molti inni tramandati nei manoscritti trentini. È un’esperienza che ha uno sconvolgente parallelo con quanto è accaduto a Trento cinquecento anni dopo, quando un altro prete tedesco (nato a Berlino anziché a Monaco), innamorato della musica liturgica sacra cattolica (e convertitosi al cattolicesimo perché folgorato dalla bellezza della liturgia cattolica), trascrisse volumi e volumi di Messe, Antifone, Mottetti non solo del Quattrocento (tra cui anche tutti i codici trentini, integralmente), certamente non per gusto di collezionismo. E quando quel sacerdote scoprì in Biblioteca Vaticana il tesoro della policoralità romana del sei-settecento, dedicò il resto della vita a lavorare con i bambini di Trento per rendere suono vivo quelle musiche, fondando il “Coro del Concilio”: era Laurence Feininger, che a Trento ha lasciato la sua immensa biblioteca, ora conservata nello stesso luogo fisico di sei dei sette codici trentini del Quattrocento al Castello del Buonconsiglio.

Un accostamento ardito, ma interessante! Come Feininger ha contribuito alla conoscenza dei codici trentini?

Il modo di lavorare di Feininger era inusuale, interessato solo alla scoperta della bellezza musicale. Egli è stato forse lo studioso che ha avuto, più di tutti gli accademici che si sono occupati del XV secolo, una conoscenza estremamente profonda della polifonia quattrocentesca, degli stili, degli autori e delle forme, in una parola della sostanza musicale di quell’esperienza. Questa conoscenza gli derivava dalla personale trascrizione di tutti i manoscritti quattrocenteschi allora conosciuti. Nessuno ha mai avuto una conoscenza così ricca e partecipata. Il problema è che solo una piccola parte di questa conoscenza Feininger è riuscito a trasmettere alle generazioni future, poiché non ha pubblicato riflessioni teoriche sulla materia, anche se le sue trascrizioni diplomatiche (sono ben 224 le composizioni tratte dai codici pubblicate nelle due collane dei Monumenta e Documenta Polyphoniae Liturgicae Sanctae Ecclesiae Romanae della Societas Universalis Sanctae Ceciliae) restano ineguagliati esempi di competenza filologica e scientifica. La stragrande maggioranza delle sue trascrizioni è comunque rimasta inedita.

In campo musicale, però, far conoscere compiutamente significa giungere all’esecuzione e Feininger nei primi anni fece imparare al suo coro anche alcuni pezzi quattrocenteschi, ma poi si concentrò su Benevoli e sugli autori policorali. La musica contenuta nei codici è di difficie esecuzione, richiede cantori specializzati e gruppi di pochi elementi, non ha nulla di popolare: è musica polifonica di alta fattura, concepita per solennizzare le celebrazioni liturgiche e destinata a cantori solisti. Solo pochi pezzi (qualche inno e qualche pezzo dell’Ordinario) sono adatti all’esecuzione della voce superiore da parte di bambini, con l’accompagnamento di due adulti per le voci inferiori, ma sono facilmente riconoscibili.

Questa musica però ha ancora un grande fascino per le orecchie moderne e nei codici si incontrano stili e testi latini diversissimi. Meritano dunque di essere ancora eseguiti e proposti in concerto. È quello che facciamo da anni con gli amici de “Il Virtuoso Ritrovo”, sia attraverso il Festival Trento Musicantica, sia attraverso le proposte concertistiche, ed ora anche attraverso gli ascolti disponibili sul sito (tutti commentati, con la trascrizione in notazione moderna e scaricabili gratuitamente). Accanto a composizioni degli autori più noti, vi sono nei codici ancora moltissimi pezzi tramandati anonimi, ma di grande interesse storico e musicale, che possono essere proposti e valorizzati.

La prima conoscenza deve comunque avvenire attraverso il diretto confronto con gli originali, che finalmente sono accessibili gratuitamente in tutto il mondo grazie al sito web.

Perché è stata scelta la forma del sito web e non del facsimile a stampa per divulgare la conoscenza dei codici?

Il sito web non solo è enormemente meno costoso (un facsimile in quadricromia dei sette volumi costerebbe una cifra spaventosa), ma permette moltissime cose che la carta stampata non consente: come l’aggiunta degli esempi musicali (ascoltabili sia mentre si guarda il facsimile sia mentre si guarda la trascrizione), l’immediato rapporto fra scheda e immagine, la schermata di ricerca che interroga sia i singoli campi sia l’intero complesso delle informazioni, il facilissimo passaggio tra le concordanze da un codice all’altro, la costante implementazione dei contenuti. Una schermata di ricerca supera enormemente le possibilità degli indici cartacei. Il valore aggiunto del progetto sta proprio nel nutrito complesso di informazioni accessorie alle immagini che una pubblicazione cartacea può fornire solo in forma tabellare (assai complicata da consultare e da interrogare, perché deve fare uso di una serie numerosa di sigle) e suddivise in indici separati, che costringono ad avere sul tavolo i sette volumi di facsimile più il volume di dati e indici. Un armamentario macchinoso e ingombrante rispetto ad uno schermo, una tastiera e un mouse.

Esistono numerosi progetti di digitalizzazione in tutto il mondo, ma nessuno con questa enorme mole di dati associata. Il lavoro di schedatura pezzo per pezzo fornisce tutte le informazioni non solo relative alla singola composizione, ma anche ad eventuali concordanze in altri codici sparsi in tutto il mondo, alle trascrizioni in edizione moderna, alle forme, agli autori e via dicendo. Le informazioni sono tutte ricercabili nel sito attraverso tre intuitive modalità di ricerca: la formidabile ‘ricerca libera’ della home page – che esamina tutti i campi –, la ‘ricerca semplice’ e la ‘ricerca avanzata’.

Come si è arrivati a questo risultato?

Grazie ad un egregio lavoro di squadra. Progetti di una simile qualità e complessità non possono essere attuati da una sola persona. Tutte le istituzioni coinvolte e tutti i singoli impegnati nel progetto (dal fotografo ai tecnici informatici, dai dirigenti agli impiegati della Soprintendenza, da Giulia Gabrielli che ha steso la descrizione dei sette manoscritti a chi ha lavorato alla scansione ed elaborazione delle immagini, dai cantori diretti da Roberto Gianotti al tecnico del suono), tutti hanno lavorato con competenza ed entusiasmo. Devo ricordare almeno alcuni artefici dell’impresa: Livio Cristofolini, Pasquale Chistè, Armando Tomasi, M. Cristina Bettini, Paolo Chistè, Mario Del Bello, Antonio Carlini, Marco De Battaglia, Valter Falagiarda, Flavio Santini, Chiara San Giuseppe, Giulia Gabrielli, Sara Cattoni, Roberto Gianotti, Luca Boscheri, i membri del gruppo vocale Il Virtuoso Ritrovo, ciascuno ha dato il massimo e il progetto si è potuto attuare in pochi mesi. I dati sono poi stati duplicati sul sito ministeriale – www.internetculturale.it – per cura della dott.ssa Cristina Magliano dell’ICCU, all’interno dei progetti della Biblioteca Digitale Italiana.

Con la creazione del sito, che collega le immagini delle pagine dei codici alle numerosissime informazioni contenute nelle schede sui singoli canti, si può dire che la ricerca sui manoscritti trentini del Quattrocento sia giunta al suo traguardo definitivo?

Certamente no. Il sito è un potentissimo strumento di ricerca e nello stesso tempo rende accessibile a tutti questo prezioso tesoro della cultura musicale europea e una serie notevolissima di informazioni. Ma il sito è solo un punto di partenza, non un punto d’arrivo: c’è ancora molto da conoscere intorno ai codici e da ricercare. Il sito può essere grandemente implementato con nuove trascrizioni e nuovi ascolti e necessita di un costante aggiornamento rispetto agli studi che continuamente sono prodotti in tutto il mondo. I brani inediti sono ancora molto numerosi. Per questo pochi giorni fa è stato siglato un accordo tra la Soprintendenza per i beni librari e archivistici e l’Istituto Italiano di Storia della Musica per la pubblicazione di una collana di trascrizioni degli inediti (16 volumi previsti!), ma altre iniziative sono in cantiere (una bibliografia ragionata, un lavoro sulle filigrane, concerti, convegni, seminari). I codici sono un monumento straordinario che attende ancora molti studi e molti ricercatori appassionati. Il sito li offre a tutti, soprattutto ai giovani, perché possano essere feriti da una bellezza difficile, ma carica di suggestione, una bellezza che appassionò Johannes Wiser, Laurence Feininger e i loro piccoli discepoli.