Monumenti liturgici

La formazione di una biblioteca di musica liturgica

Salvare dalla distruzione del tempo e dell’uomo, salvare dall’oblìo, i tesori musicali della Chiesa Cattolica e renderli vivi ad majorem Dei gloriam fu il credo, la missione di Laurence Feininger. Missione che prende l’avvio decisamente con il 1946, dopo un periodo di enormi tensioni spirituali, vissute in campo di internamento che sfoceranno nell’ordinazione sacerdotale, e sarà troncata il 7 gennaio 1976 sull’autostrada del Brennero: trent’anni combattuti, dedicati giorno per giorno, in gara col tempo, al recupero ed allo studio di documenti musicali e liturgici.

Un punto fondamentale per capire la psicologia di Feininger e gli orientamenti ultimi della sua attività va individuato nella riforma liturgica operata dal Concilio Vaticano II, che prevedeva la soppressione del rito latino, l’abolizione dell’uso della musica gregoriana e polifonica, l’abbandono, in buona sostanza, di quel patrimonio e di quei «canti della nostra Liturgia che facevano piangere S. Agostino e contribuirono alla sua conversione come del resto fecero per me» 6.

È nota la posizione drastica e spesso aggressiva dello studioso nei confronti di questa operazione: molte sue lettere e molti suoi articoli esprimono la sua reazione perentoria ed angosciata di fronte all’insensibilità che a suo giudizio aveva animato i «riformatori», e la speranza che un suo intervento per autorevolezza scientifica potesse modificarne i tratti. «Comandi, Santo Padre, che il rito solenne sia ripristinato al suo massimo splendore (…), Comandi che le Cappelle musicali e le scuole dei cantori siano preservate per la maggior gloria di Dio» 7.

Molti suoi amici se da una parte lo incoraggiano dall’altra lo invitano alla prudenza. Monsignor Anglès gli scrive da Roma nel 1965:

Per quanto si riferisce al momento catastrofico della musica di Chiesa, non deve scoraggiarsi tanto. Che il momento è triste è vero. Che pare che questo movimento sia diretto da gente analfabeta nel campo della musica sacra è evidente. Malgrado tutto posso assicurarLe che questo cambierà con il tempo, e che la polifonia classica e moderna come il canto Gregoriano e la musica organistica avranno di nuovo il loco che loro appartiene. Perciò Le chiedo caldamente di non scoraggiarsi e di continuare il Suo lavoro scientifico come se niente passasse nella Chiesa (…). Ieri finalmente ho avuto la fortuna di avere udienza privata con il Santo Padre. Abbiamo parlato molto su questo argomento, che ci tiene tanto a cuore. È stato lui che mi ha promesso che tutto cambierà e che il patrimonio musicale della Chiesa sarà di nuovo tenuto in onore. Credo sarà sufficente per incoraggiarLa un poco8.

Feininger, tuttavia, continua la sua battaglia rendendo pubblico e difendendo il suo pensiero in materia di fede, tradizione e liturgia ed invitando pubblicamente l’Arcivescovo stesso di Trento ad un ripensamento e ad un confronto sostenendo l’ipotesi che «se non vengono addirittura abrogate le pseudoliturgie volgari ALMENO venga solennemente e permanentemente dichiarato legittimo e valido il rito tradizionale, testi e musica in lingua latina…», convinto che «in tutta questa riforma “liturgica” vi è una sola cosa che è ognipresente: un dilettantismo pauroso, associato ad una impreparazione, presunzione e pessimo gusto» 9.

Le sue parole cadono però nel vuoto ed il suo isolamento in seno alla Curia trentina diverrà sempre più netto. Con profonda amarezza scrive sull’«Adige» nel ’70:

Oggi né mi convertirei né diventerei sacerdote. Ma quello che sono diventato, cattolico sotto i nazisti nel ’34, sacerdote nella baraonda del ’47, intendo rimanerlo. Anche nella baraonda di oggi (…). E finché non, esplicitamente e pubblicamente, mi si proibirà di celebrare la Santa Messa in Latino (…) io continuerò così. Dopo celebrerò in casa, senza chiedere parere o permesso a nessuno10.

Ma al di là delle polemiche sui principi e al pratico esaurimento della funzione del Coro del Concilio una cosa è importante rilevare nell’orientamento di Laurence Feininger ed è la convinzione di dover operare in tempi brevi con obbiettivi modificati. Da una parte occorreva salvaguardare le opere che nelle previsioni dello studioso, peraltro puntualmente confermate, sarebbero state abbandonate. Scrive a padre Werenfried van Straaten nell’agosto del 1972:

(…) per salvare la preziosa eredità di avanzi della bellezza dell’Opus Dei, che sulle bancarelle e nei negozi di straccivendoli viene venduta strappata a pezzi ai turisti, sto spendendo tutto il mio patrimonio materiale, e le offerte che ho fatto a Lei per la Sua opera, le ho fatte quasi in uno spirito di apologia, per riscattare anche con qualche offerta da Marta la mia opera sperduta di Maria, che svolgo senza il minimo aiuto da solo 11.

Dall’altra parte si proponeva una sorta di provocazione tendente a dimostrare la funzione ancora valida di un patrimonio di comunicazione spirituale quale erano i libri liturgici. Proprio questa sfida alla «moda» di giudicare datato il linguaggio rituale, lo convince a rivisitare, sia pure criticamente, e accantonando i suoi studi sulla polifonia, il canto gregoriano a dimostrazione della permanente presenza e vitalità di esso nelle coscienze.

Da tutto questo travaglio interiore sorge il progetto di una biblioteca. Progetto chiaro quanto ai fini, ma meno chiaro quanto al metodo. In effetti Feininger, almeno nei momenti iniziali, raccoglie tutto quanto riesce a recuperare sul mercato antiquario o fortunosamente senza un preciso intento formale o di completezza. Di ciò si rendeva egli stesso conto affermando:

La raccolta non costituisce in sé una unità finita, al pari di quelle altre collezioni della stessa materia già conosciute fin dai tempi antichi e ben più celebri; bensì si connota quasi come il povero Lazzaro della parabola evangelica, che siede ai piedi del ricco e raccoglie le briciole del suo banchetto. Difatti la maggior parte della nostra raccolta è composta massimamente di frammenti, di ciò che è rimasto di codici un tempo scritti in maniera superba e riccamente decorati, ed ora invece spogliati di ogni ornamento, ed alquanti di essi impietosamente smembrati foglio a foglio, da destinare a funzioni di paralume o consimili usi profani 12.

Occorre però precisare che il suo intento non era di collezionare opere quasi forma feticistica dei suoi interessi o delle sue delusioni. La sua convinzione era che una mole non indifferente di opere di diversa estrazione ambientale, tempo e forme, avrebbe portato come risultato non solo una più accurata analisi storica dell’officiatura liturgica ma avrebbe potuto suggerirne i modelli propri riproponibili come matrice permanente ed universale.

Da qui il suo sforzo anche di catalogazione, ordinamento, e pubblicazione delle opere da lui raccolte.

 

La «Biblioteca musicale Laurence K.J. Feininger»

I primi interessi di Feininger, a partire dal 1967, si rivolgono principalmente al recupero del patrimonio liturgico-musicale più antico, cioè di quello manoscritto. Le ragioni sono ovvie: il libro corale – parimenti agli altri volumi liturgici manoscritti – è un unicum, è il veicolo, la fonte primaria dei testi e della musica concernenti il rito. Questa sua unicità non riguarda solamente la dimensione estetica, di fattura del volume, ma soprattutto quella contenutistica. Infatti, gli antichi libri corali – maggiormente quelli redatti nel Medioevo ma anche quelli che precedono la riforma tridentina – sono specchio della cultura sia letteraria che musicale emanata dagli ambienti di origine (monasteri, diocesi etc.), di quelle tradizioni locali che «subirono un continuo aggiornamento in seguito a movimenti liturgici generali e per effetto dell’incessante scambio tra le chiese a livello creativo» 13.

Le prime acquisizioni riguardano per lo più frammenti di Antifonari e Graduali, dal secolo XIII al XVII, che il musicologo rintraccia sui banchi delle fiere o dei mercati antiquari italiani e stranieri, da Piazza Borghese a Roma a Firenze, Arezzo, Cortona fino a Monaco e al famoso «rastro» di Madrid, ed ancora presso librerie specializzate in tutta Europa dopo aver fatto conoscere i suoi desiderata con lettera a tutti gli antiquari di una certa tradizione.

Vale ricordare che il Cantus Planus si divide secondo la liturgia, in Divinum Officium o Opus Dei e Officium Missae, e che i veicoli principali che ne scandiscono le voci sono appunto l’Antifonario ed il Graduale: l’uno raccoglie i canti per la liturgia delle ore canoniche, l’altro i canti del proprio della messa. E nel rispetto di queste due categorie lo studioso inizierà la schedatura dei volumi recuperati parallelamente dei testi e della musica, individuando via via i mutamenti e aggiornamenti.

Nel ’69 esce una prima catalogazione del materiale raccolto: il I° tomo del Repertorium Cantus Plani. In questo, egli scheda 24 Antifonari, voce per voce rilevando il rispettivo tono gregoriano, e dando in fine un indice alfabetico delle varie categorie dei testi: Antifone, Responsori, Invitatori, Inni etc..

Nella prefazione, in latino, egli si interroga sulle cause che hanno determinato l’abbandono di questa eredità culturale e sul «perché questa materia – o più propriamente il repertorio del Cantus Planus e la storia ed evoluzione dei singoli Officia sia de Tempore che de Sanctis – è rimasta per la quasi totalità del tutto ignota ed è sfuggita ad ogni tentativo di indagine».

La sua ipotesi individua tre momenti: 1) il monopolio dei monaci di Solesmes, i quali si interessarono soprattutto delle fonti più antiche, a scapito di altre più recenti, e quindi non tramandarono alcun materiale che potesse dar modo ad alcuno di approfondire uno studio sistematico; 2) l’abolizione della Liturgia Latina, che fosse quella Romana o quella Ambrosiana, che seguì al Concilio Vaticano II; 3) la negligenza degli stessi monasteri e Capitoli, che per secoli hanno trascurato questo patrimonio.

Col tempo la raccolta si amplia ed accanto ai frammenti compaiono finalmente codici completi, alcuni dei quali magistralmente miniati, altri, seppur di epoca tarda, che presentano decorazioni di egregia fattura. Questo salto di qualità si può collegare in parte a ritrovamenti di vari manoscritti dell’area spagnola e francese, e coincide con l’uscita nel 1971 del secondo tomo del Repertorium Cantus Plani che riguarda la catalogazione di 24 Graduali. Scrive a questo proposito:

Il tempo (trascorso dalla pubblicazione del I° volume) è stato utile al fine di salvare i codici dalla perdita totale, a tal punto che adesso non possiamo più limitarci ad affermare che questa raccolta si orientava a raccogliere solo le briciole rimaste dopo i banchetti di ben altre collezioni o biblioteche. Piacque a Dio che, dopo i molti frammenti rinvenuti ora ci siano capitati per le mani anche alquanti codici quasi o del tutto integri, che abbiamo potuto riscattare a ben caro prezzo 14 .

Anche da questo studio emergono dati del tutto interessanti: fra questi, sui riti particolari specie nell’ambiente spagnolo.

In nove anni di ininterrotte ricerche – dal 1967 al 1975 – questo corpus arriva a contare ben 111 codici pergamenacei (in parte completi in parte in frammento) dal XIII al XVIII secolo, tra Antifonari, Graduali, qualche Salterio, Innario, Kyriale etc., provenienti massimamente da Spagna, Italia, Francia; inoltre, 20 codici cartacei dal XVII al XVIII secolo che attendono ancora un preciso studio e catalogazione.

Nel 1975, Laurence Feininger – che già intratteneva rapporti di consulenza con la Provincia Autonoma di Trento – cede 95 volumi pergamenacei al Museo Provinciale d’Arte 15, per avere a disposizione nuovi fondi che avrebbero potuto consentire il recupero di altro materiale. Il nobile e disinteressato intento sarà vanificato, nel giro di pochi mesi, dall’improvvisa (e imprevedibile) fine.

 

MANOSCRITTI Sec. XIII
Sec. XIV Sec. XV Sec. XVI Sec. XVII Sec. XVIII Totale
Antifonari 1 5 13 18 12 10 59
Graduali 1 5 10 10 6 2 34
Antifonari/Graduali 2 1 4 7
Salteri 1 1 2 4
Innari 1 1 2 4
Kyriali 1 1 2
Prosari 1 1
Totale 2 10 25 32 21 21 111

 

Le opere a stampa

La raccolta di opere a stampa nasce parallelamente ed in conseguenza di quella dei manoscritti. È composta da 1.116 volumi – recuperati prevalentemente presso librerie antiquarie di tutta Europa16 – che dal 1479 al 1900 raccolgono il corpo maggiore sia dei testi che della musica del rito cattolico.

Diciamo subito che il nucleo principale e più interessante si muove attorno a quel polo che è la riforma «piana» del 1570, attorno cioè alla riforma della «Liturgia della Curia Romana» che il Concilio di Trento aveva affidato a Pio V e ai suoi liturgisti. Con essa si giunge all’ufficializzazione del libro liturgico. Per arrivare a ciò furono naturalmente escluse o decantate molte voci o tradizioni locali, in uso fin dal Medioevo.

Numerosi volumi di questa raccolta riflettono i riti particolari e le tradizioni di varie diocesi europee e ordini religiosi, i mutamenti graduali che portarono alla riforma tridentina e oltre, fino alle successive rivisitazioni operate da Clemente VIII e Urbano VIII.

 

OPERE A STAMPA Incunaboli Sec. XVI Sec. XVII Sec. XVIII Sec. XIX Sec. XX Totale
Antifonari 12 18 17 4 51
Graduali 2 14   9 10 4 39
Salteri   2   8   7 2 19
Messali 7 68 67   81 31 5 259
Breviari 4 26 13 162 54 11 270
Pontificali/Carimoniali    8   9   10 27
Varia 8 115 89 191 48 451
Totale 21 245 213 478 143 16 1.116

 

Manoscritti di musica polifonica

La raccolta di musica polifonica comprende parte dei manoscritti provenienti dall’ex-Archivio di S. Spirito in Saxia a Roma, che fu un centro importante per la musica sacra tra il ‘600 e ‘700. L’archivio fu sciolto e messo successivamente all’asta verso il 1850, con relativa dispersione delle musiche.

Feininger rintraccia, nel 1963, una parte di questo corpus presso gli eredi del famoso tenore Evangelista Gorga. Già l’anno dopo rende noto questo ritrovamento e l’identificazione d’altre parti disperse dello stesso archivio nel volume Membra disjecta reperta (Trento, 1964). Nel 1966 seguirà il volume – sempre per le edizioni della Societas Universalis Sanctae Ceciliae – Membra disjecta conjuncta uno studio definitivo del materiale con un’appendice relativa alle nuove accessioni.

Fanno parte di questa raccolta 185 composizioni – Messe e parti dell’Ordinarium, Graduali, Offertori, Antifone, Inni, Salmi, Responsori e Mottetti – prevalentemente da 8 a 12 voci, con la presenza di alcuni autografi. Tra gli autori, in parte Maestri di Cappella a Roma tra il ‘600/’700, troviamo: Giovanni Andrea Dragoni, Luca Marenzio, Stefano Fabri, Orazio Benevoli, Francesco Foggia, Giacomo Carissimi, Pompeo Cannicciari, Pietro Heredia e Giuseppe de Rossi. Si tratta – come rileva lo studioso – «di un accrescimento notevolissimo del patrimonio “classico” conservato negli archivi delle tre grandi Basiliche di S. Pietro, S. Giovanni in Laterano e S. Maria Maggiore».

In questa sezione sono pure compresi 3 volumi che contengono 49 Offertori autografi del compositore veneto Giovanni Giorgi (? – 1762) Maestro di Cappella in Laterano ed alla corte di Lisbona, e che facevano parte originariamente del fondo musicale della Basilica Liberiana (S. Maria Maggiore) di Roma. Laurence Feininger è il primo studioso che si è accostato all’opera di questo autore, pubblicando nelle sue edizioni diverse partiture ed in particolare l’«Indice Tematico e Bibliografico dell’Opera Omnia», in tre volumi.

Gli Offertori sono per lo più a 4 e 8 voci e stilisticamente presentano le caratteristiche della musica barocca romana 18.

 

Varia

In questa particolare sezione troviamo un piccolo volume pergamenaceo del XV secolo, ovvero un manuale liturgico per uso privato da utilizzare nel coro o nelle processioni, che contiene 10 pezzi polifonici a 2 e 3 voci finora sconosciuti 19. Ed ancora: un volume manoscritto di musiche d’organo del XVII secolo, contenente alcune opere inedite del ferrarese Ercole Pasquini (attivo tra il 1583 ed il 1608); due frammenti beneventani del XII secolo di complessivi 3 fogli dove si riscontra una parte musicale in notazione neumatica.

 

Archivio fotografico e studi

Questo archivio inizia a costituirsi fin dai primi anni di attività del musicologo. È un po’ il centro dei dati, lo strumento essenziale per la ricerca in questo campo.

Esso consiste di 1.352 bobine “microfilm” di varia lunghezza che raccolgono manoscritti e stampe musicali di biblioteche ed archivi di tutto il mondo, da codici di musica gregoriana fino alle partiture polifoniche barocche.

La sezione più ampia si riferisce agli archivi musicali romani e precisamente a quelli della Basilica di S. Maria Maggiore e di S. Giovanni in Laterano. Altra parte provengono dalla Cappella Giulia, Casanatense e Cappella Sistina in Roma, dalla Biblioteca G.B. Martini di Bologna, dalla Biblioteca Estense di Modena, e poi dagli archivi e biblioteche di Napoli, Verona, Modena, Treviso, Trento, Monaco, Augsburg, Regensburg, Vienna, Bruxelles, Londra, Lisbona, Berlino e Washington, solo per citare i centri maggiori.

Della quasi totalità dei microfilm esistono altresì le copie stampate in numero di circa 300.000, la maggior parte in un unico formato (cm. 9 x 6,5) riposte e numerate in appositi schedari.

Infine, vanno citate le edizioni della Societas Universalis Sanctae Ceciliae, in tutto 135 volumi pubblicati dal 1947 al 1975, dei quali alcune copie vanno ad aggiungersi a questa «Biblioteca musicale Laurence K.J. Feininger», così come vanno aggiunti un cospicuo numero di studi e trascrizioni fra cui importantissimi risultano due grossi volumi che contengono una parte del repertorio dei Codici Trentini: rispettivamente uno dedicato alle Messe proprie e uno ai Graduali, Antifone e Mottetti 20.

Testo di  Danilo Curti da “La Biblioteca musicale Laurence Feininger“, a cura di D. Curti e F. Leonardelli, Museo Provinciale d’Arte, Trento, 1985, pp. 37-49

 

Note

1   L. Feininger, The music manuscripts in the Vatican, in «Notes», III, n. 4 (1946), pp. 392-394.

2  La versione definitiva di questo intervento, fu stampata dalla Societas Universalis Sanctae Ceciliae come I° volume della serie degli Acta Societatis Unirersalis S. Ceciliae (Trento, 1950).

3   Da una lettera di L. Feininger a Padre Werenfried van Straaten, segretario dell’Opera «Aiuto alla Chiesa che soffre», del 3 agosto 1972. «Miscellanea Feininger» presso Danilo Curti.

4  Da una lettera di Higino Anglès a L. Feininger del 4 febbraio 1952. «Miscellanea Feininger» presso Danilo Curti.

5   L. Feininger, Tesori nascosti, estratto dal Bollettino «S. Vigilio», n. 2 (1950), pp. 1-3.

6   Da una lettera a chi scrive del 18 ottobre 1974.

7  Catalogus Thematicus et  Bibliographicus Pompei Cannicciarii operun sacrarum omnium, vol. II, Trento 1964, p. III.

8  Da una lettera di Higino Anglès a L. Feininger del 26 giugno 1965. «Miscellanea Feininger» presso Danilo Curti.

9   L. Feininger, I cantori perdono la Chiesa, in «Alto Adige», Trento, 15 luglio 1970.

10  L. Feininger, Lettera al Direttore, in «Adige», Trento, 15 aprile 1970.

11  Da una lettera di L. Feininger a Padre Werenfried van Straaten, cit.

12 Repertoriun, Cantus Plani Descriptio Atque Inventarium Collectionis Laurentii Feininger Antiphonaria, vol. I, Trento, 1969, p. 5.

13 G. Ropa, Gli antichi libri liturgici, in Libri manoscritti e a stampa da Pomposa all’Umanesimo, Venezia, 1982, pp. 166- 168.

14 Repertorium Cantus Plani… Gradualia, vol. II, Trento, 1971, p. 5.

15 Occorre dire che lo studioso aveva valutato anche altre possibilità. Scrive infatti il 19 settembre 1974 a Danilo Curti: «C’è la possibilità che nel frattempo si decida qualche cosa per la mia collezione musicale. Intanto se ne interessano qui e sembra quasi “desperatamente”; la possibilità della Villa “I Tatti” di Firenze (…) mi sembra meno attraente: non che l’ambiente nella sua qualità e capacità culturale non sia eccellente, ma credo che sia unilateralmente vincolato all’arte figurativa del Rinascimento italiano. Poi se ne interessa molto Brunico (…) ma sembra che lì si stiano rendendo conto, che non potranno mai come Comune, addossarsi un simile onere, e allora cominciano a parlare di Innsbruck (…). Poi ne è rimasto molto ben impressionato il prof. Michael Schneider, mio ex compagno di scuola di 50 anni fa (…) e lui propone Friburgo in Svizzera. E tutti questi, assieme col sindaco di Salisburgo tentano di interessare il Governo austriaco (…)». Il suo orientamento finale fu però quello di privilegiare l’offerta di Trento. La parte residua della raccolta, formata dalle opere a stampa ed altre manoscritte, è stata donata dopo la sua morte dagli eredi alla stessa Provincia di Trento.

16 Sottolineava più volte nelle lettere agli antiquari: «Sono molto interessato a cose anche scomplete o a frammenti»; «Per me un’opera rovinata o incompleta può essere della massima importanza anche se invece può avere un valore commerciale molto relativo».

17 Ricorda in una lettera all’antiquaria Hilde Rosenthal di Hilversum, del 19 ottobre 1975, riguardo appunto all’acquisto di Breviari: «Invece di prendere quelle cose a Zurigo, ho avuto dal nord della Germania delle offerte straordinariamente a buon prezzo per una gran quantità di pezzi liturgici di diverso tipo per la maggior parte provenienti dall’Ungheria e che hanno praticamente raddoppiato la mia raccolta di Breviari, e così ho potuto aggiungere al Bohatta (Bibliographie der Breviere 1501-1850, Stuttgart, 1963) una cinquantina di nuovi titoli. Si tratta quasi esclusivamente di testi tardi del XVIII e XIX secolo per la maggior parte incompleti: bibliograficamente però è sempre un nuovo materiale di valore inestimabile (…)»

18 Di questi, è stata pubblicata nel 1980, a cura dell’Assessorato alle attività culturali della Provincia Autonoma di Trento, l’edizione anastatica, con prefazione critica di Siegfried Gmeinwieser.

19 L. Feininger, Eine neue Quelle zur Polyphonie des XV Jahrhunderts, in Festschrift Walter Senn, München, 1975, pp. 53-63.

20 Altri 14 volumi sono conservati presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra a Roma e raccolgono le trascrizioni prevalentemente dei manoscritti della Cappella Sistina.